DIRITTO NATURALE ED ETICA SOCIALE NEL
PENSIERO DI JOHANNES MESSNER (1891 - 1984)


TEORIA DEL DIRITTO NATURALE IN JOHANNES MESSNER

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(Padre Alex)


II LA TEORIA DEL DIRITTO NATURALE IN JOHANNES MESSNER

II.1 La natura dell'essere umano

L'oggetto della scienza del diritto naturale è l'ordine della società come quintessenza di diritti e di obblighi nei rapporti interpersonali. Sembra allora necessario cominciare la ricerca partendo dalla società come tale: anche perché il bene della società possiede un tale primato da pretendere, in caso di necessità, il sacrificio della vita del singolo. Di conseguenza, però, nei riguardi della società, la scienza nota subito che tutto l'essere sociale dipende dagli uomini che formano la società. Si arriva dunque alla domanda: Che cos'è l'uomo? Inoltre, ogni dottrina sociale e ogni etica sociale ha la sua concezione dell'uomo (di cui deve essere cosciente). Perciò Johannes Messner - anche se trova possibile la partenza sia dall'uomo sia dalla società - opta per la concezione dell'uomo che lo vede come fondamento di tutta la ricerca sulla società e sull'etica sociale.1

La dottrina sociale dell'individualismo parte dall'uomo singolo, inteso come essere che esiste in sé stesso, finito e compiuto, che ha un valore fondato pienamente in sé stesso, ma non arriva mai veramente alla concezione della società come realtà possedente un essere, fine e valore sempre sovraindividuali. Per contro, la dottrina sociale di tutte le forme del collettivismo parte dall'essere della società quale valore assolutamente primario, ma non riesce mai ad arrivare alla realtà intera della persona umana con i suoi fini sovrasociali e con il suo rango di valore anche sovrasociale. Né il sistema di valori individualistici né il sistema di valori collettivistici e neanche le corrispondenti ideologie liberalistiche oppure socialistiche sono mai stati realizzati pienamente nella prassi sociale. E in realtà non possono mai riuscire pienamente, perché "la natura umana non lo permette"2. Ma questo, da parte di Messner, non significa condannare indistintamente tutti i successi e gli sforzi positivi dei diversi movimenti influenzati dalle diverse ideologie.

Messner stesso sottolinea subito che la sua dottrina dell'uomo e i conseguenti princípi etici non vengono dedotti da alcuni concetti, ma vogliono essere evinti da un'analisi della realtà e dell'esperienza. Tanti capitoli del suo Naturrecht sono dedicati a questo scopo. Prima di provare questo metodo e i suoi risultati, Messner si dichiara figlio della tradizione di un umanesimo cristiano.3 Questo si fonda sulla dottrina tradizionale del diritto naturale a partire da S. Agostino sui fatti e comprensioni (Einsichten) seguenti:

"Riconosciamo la natura delle cose dai loro modi d'effettuarsi."4 Così scrive Messner nello spirito di S. Tommaso. Per accertare dunque la natura dell'uomo e le sue leggi di comportamento essenzialmente proprie, può, e deve, servire soprattutto questa via di analisi delle forze, delle inclinazioni/degli istinti (Triebe) e degli impulsi (Antriebe) che si trovano operando efficacemente nell'uomo. A prima vista ci si offrono:5 l'impulso di autoconservazione, l'impulso di alimentazione, l'impulso di assicurarsi il sostentamento, la cura per il futuro, l'impulso sessuale, l'amore dei genitori ai loro bambini, l'impulso alla vita di famiglia, l'impulso alla socializzazione (Trieb zur Gesellung), l'impulso all'allargamento di esperienza e di conoscenza, l'impulso al bello, la richiesta di rispetto da parte degli altri, l'impulso ad un rapporto ordinato con l'essere altissimo (höchstes Wesen), e infine l'impulso alla felicità, comprensivo questo dei fini specifici di tutti i precedenti.



II.2 La legge naturale

II.2.1 Introduzione

Alcuni dei predetti impulsi sono comuni con l'animale. Si vede però subito che soltanto l'uomo può esserne cosciente e comprendere il nesso tra i suoi impulsi e i fini insiti negli stessi impulsi. L'uomo sa, per esempio, che l'impulso di nutrizione serve al mantenimento della vita e della salute dell'individuo. Inoltre è cosciente, che, almeno parzialmente, dipende dalla sua facoltà di autodeterminazione che quei fini vengano rispettati tramite la soddisfazione dello stesso impulso. Con l'ugual certezza sa che questo si adempie soltanto se viene rispettata la giusta misura. Mangiare e bere troppo crea disturbi all'adempimento di compiti, agisce contro la responsabilità annessa alla natura razionale, agisce perciò in modo non degno dell'uomo, cioè "untermenschlich"6, come Messner scrive. Ma l'uomo è cosciente anche dell'impulso interno, della coercizione, dell'obbligo di agire in armonia con questa responsabilità. E finalmente l'uomo riconosce subito l'altro uomo come tale, con la stessa natura razionale, e riconosce certi comportamenti pretesi nei propri e altrui confronti.

Nell'ambito della natura dell'uomo Messner osserva così inclinazioni impulsive (Triebanlagen) sia spirituali sia corporali. Non "abbiamo nessun motivo per non considerare l'efficacia delle stesse come l'efficacia della legge naturale nell'uomo"7, anche se è vero, che il modo di detta efficacia non è lo stesso che nella natura non-razionale. La natura ha una sua efficacia, sempre propria, negli esseri inanimati, negli esseri vegetali e negli esseri animali. Allora, c'è un modo proprio d'effettuarsi anche nell'uomo. Il punto di osservazione per comprendere la natura umana è chiaramente la sua ragione. L'oggetto della ricerca sulla legge naturale dell'uomo sarà pertanto il comportamento specificamente umano perché condizionato dalla sua natura razionale, condizionato dalla sua autodeterminazione nonché dalla sua responsabilità in quanto essere razionale.

Tutti i sistemi etici concordano dicendo che la conoscenza del bene e del male, la coscienza dell'obbligo e della responsabilità, la coscienza in senso proprio, sono esperienze morali date di fatto (sittliche Erfahrungsgegebenheiten), le grandi differenze sorgono nella ricerca della spiegazione della loro origine, della loro essenza e della causa del dovere morale. A questo proposito Messner segue principalmente la linea dell'etica giusnaturalistica tradizionale, che viene da Platone e Aristotele, che, sviluppato ulteriormente da S. Agostino e da S. Tommaso8 raggiunse un secondo culmine con famosi studiosi spagnoli, quali Francisco di Vitoria e Suarez del Cinquecento e del Seicento. Ma non mancano riserve critiche di Messner nei confronti della dottrina tradizionale9 i cui fondamenti vengono fissati e definiti meglio proprio in seguito e grazie alle sue critiche. Messner spera di poter aprire così nuovi orizzonti che servano alla società moderna. Secondo lui, la dottrina tradizionale gode del grande vantaggio che in essa si trovano gli sforzi del pensare di più di duemila anni, inoltre non esiste sistema più autocritico della dottrina tradizionale del diritto naturale. Tutte le questioni fondamentali dell'etica, oppure della filosofia morale, vengono trattate profondamente nel primo libro della sua Kulturethik ("Etica della cultura"), cioè nella Prinzipienethik ("Etica dei princípi"), mentre nel suo Naturrecht vengono trattate nella misura necessaria alla fondazione dell'etica giusnaturalistica e dell'etica sociale.10

Innanzitutto ogni etica parte dal fatto fondamentale dell'esperienza morale, cioè dalla coscienza del bene e del male. Col pieno uso della ragione l'uomo sa che l'assassinare la madre o il fratello, con lo scopo di riceverne i beni è cattivo, e per questo non va fatto. Il conseguente imperativo generale "Evita il male, fai il bene" (Meide das Böse, tue das Gute) è dunque una pretesa assoluta e mai condizionata. Grazie alla coscienza (in senso proprio) ognuno conosce questo imperativo morale. A questo sapere sono collegati princípi fondamentali del comportamento specificamente umano - anche questi sono assodati tra le scuole dell'etica: "conserva moderazione, comportati in modo umanamente degno" (bewahre Mäßigung, verhalte dich menschenwürdig); "non fare ad altri ciò che tu non vuoi che ti venga fatto" (= regola aurea - tue anderen nicht, was du nicht willst, daß sie dir tun); "dai a ognuno il suo" (giustizia - gib jedem das Seine); "non ripagare il bene con il male" (gratitudine - vergilt Gutes nicht mit Bösem), "tieni la parola data" (fedeltà - halte das gegebene Wort); "obbedisci all'autorità legittima" (gehorche der rechtmäßigen Obrigkeit). Questi sono i princípi morali immediatamente riconoscibili. Si chiamano princípi in quanto verità su comportamenti obbligatori, si chiamano immediatamente riconoscibili perché sono in se stessi certi e perciò riconosciuti come universalmente validi. Obbligatorio è un comportamento quale pretesa assoluta per l'autodeterminazione, una pretesa che resta ferma indipendentemente dalla volontà discrezionale. L'uomo trova tutti questi aspetti più direttamente nella sua coscienza con il suo giudizio prima o dopo una decisione morale.

Nascono così tre questioni fondamentali: la questione del fondamento, dell'essenza e del criterio del morale. Il fondamento e l'essenza non possono essere tralasciati da nessun sistema di etica, a meno che non voglia perdere l'accertamento necessario circa il nesso di fondazione per le esperienze date di fatto nel suo ambito. Secondo Messner, la via naturale per l'accesso a queste domande fondamentali sembra trovarsi in S. Tommaso. Il bene morale non può essere altro che una specie del bene visto secondo il suo concetto generale. Allora, quando chiamiamo le cose "buone" e quando "cattive"? Un cavallo è buono se il suo organismo funziona correttamente sotto tutti gli aspetti. Ovviamente questo è vero se la sua natura adempie i fini insiti nelle sue funzioni. Si considerino, ad esempio, il suo apparato digerente, la vista etc. Possiamo dunque dire subito che il bene per eccellenza è la perfezione conforme alla cosa considerata. E perciò il bene specificamente umano va cercato nella perfezione essenziale dell'uomo (wesenhaften Vollkommenheit). Per evitare malintesi, Messner vuole usare al posto della parola "perfezione" (Vollkommenheit), spesso intesa nel senso moralistico, la parola "realtà piena" (Vollwirklichkeit) dell'essere umano oppure l' "essere pieno-umano" (vollmenschliches Sein), parole, queste ultime, che vengono più facilmente e correttamente intese nel senso ontologico. Il bene è un modo d'essere e perciò una qualità di genere particolare.11

Il presupposto della realtà piena propria alla natura umana va cercato nella ragione dell'uomo: altrimenti uno storpio sarebbe un uomo cattivo cosa che viene respinta subito dalla nostra coscienza. È la ragione, in cui, e attraverso cui, l'uomo è "uomo pieno" secondo le pretese della realtà piena della sua natura. Ma l'uomo non è costretto inevitabilmente ad un comportamento secondo queste pretese. L'uomo può per esempio agire contro il suo istinto di autoconservazione e liberamente suicidarsi, mentre l'animale non lo può perché i suoi istinti lo costringono al comportamento preteso dalla sua natura. Questa facoltà propria dell'uomo all'autodeterminazione è dunque la ragione della responsabilità dell'uomo nel suo comportamento, è la ragione propria perché ve ne nasce il fenomeno del morale nell'uomo. L'analisi della natura umana da parte di Messner mostra che l'essere pieno-reale dell'uomo non si fonda su un'automaticità degli istinti, ma sull'efficacia della ragione, senza la quale non esiste né il comportamento specificamente umano, né il bene specificamente umano.

II.2.2 Il criterio di moralità: i fini "esistenziali"
(existentielle Zwecke)

II.2.2.1 Uno sguardo generale

Secondo Messner la ragione umana è anche capace di comprendere il modo giusto di effettuarsi degli impulsi, che sottostanno all'autodeterminazione umana, perché la ragione può anche riconoscere i fini insiti negli impulsi stessi della natura umana: serve all'uomo non soltanto l'esperienza esterna, ma anche quella interna, e servono soprattutto la capacità e la costrizione di riflettere su queste esperienze, di pensarle e di giudicarle. Questa facoltà di comprendere la sua propria natura concernente i fini insiti sia negli impulsi corporali, sia negli impulsi spirituali, è possibile soltanto per un essere spiritualmente dotato.

Messner dichiara di usare la parola "Trieb" (inclinazione / impulso / istinto) sia per gli impulsi spirituali sia per gli impulsi corporali, riferendosi di nuovo ad un passo di S. Tommaso: "secundum igitur ordinem inclinationum naturalium est ordo praeceptorum legis naturalis"12. L'espressione Trieb è scelta anche a causa dell'uso frequente che ne fanno la psicologia e la sociologia moderna che denominano così le inclinazioni istintive (Triebanlagen) sia fisiche sia psichiche. Messner spiega che l'espressione scelta non ha niente a che fare con l'istinto o con un restringimento a quell'ambito della natura umana che si sottrae od oppone alla ragione. Dalle "Triebanlagen" (inclinazioni impulsive) comprese nel senso di Messner si devono distinguere anche le "Triebregungen" (moti o impulsi in senso stretto) e "Triebneigungen" (tendenze o inclinazioni in senso stretto), le quali possono o meno stare in armonia con i fini insiti negli impulsi compresi nel senso di Messner.

Il comportamento che si pretende dall'uomo attraverso la realtà piena della sua natura si determina secondo i fini preindicati negli impulsi spirituali e corporali della sua natura, detto brevemente, si determina secondo la "giustezza dei fini" (Zweckrichtigkeit). Poiché tutto questo è condizionato dalla sua cognizione razionale e dalla sua volontà razionale (autodeterminazione), il comportamento preteso dalla sua realtà piena riceve per l'uomo il carattere morale. Dunque: "La moralità consiste nella concordanza del comportamento dell'uomo con i fini preindicati negli impulsi corporali e spirituali della sua natura, oppure brevemente, consiste nella 'giustezza degli impulsi'."13 Con Aristotele si può anche dire "impulso giusto" e con l'etica giusnaturalistica tradizionale "ragione retta" o "giustezza della ragione" (recta ratio). Comunque, la moralità consiste così nella giustezza di natura e perciò nell'ambito sociale nella "giustezza della cosa" (giustezza nell'ambito specifico - Sachrichtigkeit). Poiché questi preindicati fini degli impulsi vanno sempre realizzati nell'autodeterminazione (libertà) nelle date circostanze, e anche poiché gli stessi fini condizionano così la caratteristica dell'esistenza umana, Messner li chiama fini esistenziali (existentielle Zwecke)14, il che sarà un concetto fondamentale per la sua etica.

Messner ci dà un primo sguardo generale su questi fini esistenziali:

L'autoconservazione, incluse l'integrità corporale (körperliche Unversehrtheit) e la stima sociale (l'onore personale); l'autoperfezione dell'uomo in senso fisico e spirituale (sviluppo della personalità), incluse la formazione delle sue capacità per migliorare le sue condizioni di vita e anche la cura per il suo benessere economico attraverso l'assicurazione della proprietà o del reddito necessario; l'allargamento dell'esperienza, della conoscenza e della capacità d'assumere i valori del bello; la riproduzione attraverso l'accoppiamento e l'educazione dei bambini; la partecipazione benevola (wohlwollende Anteilnahme) al benessere spirituale e materiale dei simili quali esseri umani di ugual valore; il collegamento sociale (gesellschaftliche Verbindung) per sostenere il bene comune, che consiste nell'assicurazione di pace e di ordine nonché nella possibilità (Ermöglichung) dell'essere pieno-umano per tutti i membri della società con la proporzionale partecipazione alla pienezza disponibile dei beni; la conoscenza e la venerazione di Dio, nonché l'adempimento finale della vocazione dell'uomo attraverso l'unione con Lui.

È questo un passo argomentativo che dovrebbe dimostrare la concordanza tra la sua definizione di moralità e l'esperienza umana più generale e più sicura. Ad eccezione dell'ultimo fine esistenziale ricordato, secondo Messner, tutti gli altri trovano certamente consenso generale. Ciò prova che la coscienza morale, pienamente sviluppata, del singolo uomo si vede rimandata ai fini esistenziali, che trova preindicati nella natura umana. È una prova importante che dimostra che il principio del morale corrisponde alla realtà. Un'ulteriore prova è che la correttezza o la perversione nel funzionamento di sistemi sociali o di istituzioni sociali normalmente vengano giudicate secondo l'insieme di questi fini esistenziali. - A differenza di questioni singole del comportamento morale, nelle questioni fondamentali nessuna ricerca biologica o psicologica di scienze naturali può aiutare l'etica, perché in tali questioni si tratta della natura umana come costituzione di impulsi (Triebkonstitution) e del rapporto tra impulso e il fine dell'impulso come struttura di impulsi.

II.2.2.2 Ragioni determinanti per usare questo concetto

Vediamo ancora altre ragioni o spiegazioni più dettagliate, che hanno portato Messner ad usare il concetto di "fini esistenziali":15

1. Messner fa riferimento al suo soggiorno, inizialmente forzato, in Inghilterra. Il modo consueto di fondare metafisicamente l'etica e la filosofia di diritto era estraneo al pensiero anglosassone. Allo stesso tempo (durante la seconda guerra mondiale) a Messner sorprendeva la vasta letteratura sulle scienze empiriche moderne. Così Messner vide posta nuovamente la domanda sulla natura dell'uomo. E a causa della sua convinzione conseguentemente più forte, che, sondando la natura umana, per quanto possibile debba parlare l'esperienza stessa, ha scelto questa terminologia per indicare che non c'è bisogno di addentrarsi nelle tante questioni metafisiche che sono collegate con il "fine ultimo" e con la "legge eterna". Dunque, con questo nuovo concetto Messner vuole fertilizzare la tradizione giusnaturalistica con il suo tesoro di un pensiero veramente "esistenziale" per il pensiero empirico d'oggi.

2. I fini (metodologicamente) presi dalla costituzione di impulsi e dalla struttura di impulsi della natura umana sono i fini vitali essenziali ("wesenhafte" Lebenszwecke). Il concetto di fini vitali essenziali, che venne usato da Messner ancora nella sua Kulturethik16, non gli sembrava sufficiente in un certo senso, visti i nuovi compiti di una moderna etica di diritto naturale e vista anche la concezione dell'uomo della dottrina giusnaturalistica moderna, sottolineando troppo l'uomo quale animal rationale, cioè quale essere razionale astratto con il simultaneo restringimento del diritto naturale soltanto all'apriori etico-giuridico della ragione. Infatti, però, l'uomo deve realizzare l'ordine essenziale della natura non soltanto come essere razionale astratto, ma anche come essere storico concreto. Questo condizionamento dell'esistenza umana certo venne sempre sottolineato dalla dottrina tradizionale di diritto naturale, ma la sua portata non venne sempre singolarmente studiata a fondo. Esattamente a questo accento importante serve il concetto dei fini esistenziali.

3. Il concetto dei fini esistenziali è chiaramente riferito alla natura umana intera e all'ordine dell'essere, sia ontologico-generale sia storicamente improntato e determinante per i comportamenti umani. Così il nuovo concetto sottolinea contemporaneamente la "natura di cosa" (natura dell'ambito specifico - Sachnatur) dell'ordine di diritto naturale accanto all'apriori della ragione - il concetto della "natura della cosa" (Natur der Sache) riceve di nuovo la sua posizione chiave per la concreta dottrina giusnaturalistica. Così in base alla situazione esistenziale stessa dell'uomo si può mostrare la maniera d'esser determinati da veri contenuti dei princípi giusnaturalistici.

4. Il concetto sottolinea inoltre i compiti particolari d'oggi dell'etica giusnaturalistica. Essa può soltanto elaborare l'ordine naturale dei diversi ambiti della vita sociale ricorrendo sempre alle conoscenze assicurate dalle diverse scienze sull'uomo, specialmente delle scienze sociali, e anche strettamente collaborando con esse. Altrimenti si creano soltanto luoghi comuni senza attualità concreta. Messner vuole arrivare molto vicino ai problemi concreti, cioè alle pretese concrete dell'ordine naturale etico-giuridico nei diversi campi della vita sociale davanti alla realtà sociale d'oggi.

5. Con il concetto scelto rimane nel centro della dottrina giusnaturalistica il pensiero finalistico (pensiero del fine - Zweckgedanke) com'era nell'intera filosofia e teologia tomistica. - Il punto di contatto con la filosofia esistenzialistica (compresa storicamente) nell'uso del concetto di esistenza risiede nel fatto che il vero e pieno-reale essere umano è sempre condizionato dall'autodeterminazione dell'uomo e dalle circostanze (situazioni). Ma fuori dell'umanesimo cristiano, tutte le correnti della filosofia esistenzialistica comprendono l'uomo esclusivamente dalla sua libertà non legata ad un ordine d'esistenza individuale e sociale. Va perciò detto che il concetto dei fini esistenziali di Messner non vuole indicare che ci sia soltanto un'etica di situazione (Situationsethik) senza obbligatorietà universale di norme.

E poiché i fini esistenziali sono il criterio cercato della moralità, essi sono anche il criterio del diritto morale/etico (sittliches Recht). I diritti si fondano sulla responsabilità morale la quale si determina secondo i fini esistenziali. I fini esistenziali, già visti in un primo sguardo generale17, sono sia dell'uomo come essere individuale, sia come essere sociale, conseguentemente si determinano i diritti individuali e sociali. Tutto questo fornisce la ragione sul perché la fondazione della dottrina giusnaturalistica va fatta attraverso il sondaggio dell'essenza e del criterio della moralità. Oggettivamente evinto dalla realtà piena della natura umana come unità d'essere, questo criterio della moralità dà al singolo fine esistenziale il suo posto nell'ordine di fini, che si mostra ontologicamente nell'ordine d'essere stesso della natura umana. Allora, l'ordine di valori, fondato su quest'ordine di fini, non è compreso necessariamente dalla prospettiva cristiana, perché fu già visto da Aristotele appunto a causa della graduazione (Stufung) degli impulsi nella natura umana. Il rango dei fini sale così dai fini situati nei beni materiali esterni passando per quelli del campo biologico, del campo sociale e spirituale fino all'universale (allumfassenden) campo morale e religioso. Questa graduazione mostra la specificità dell'essere umano, cioè la sua essenza morale, da comprendere dalla natura spirituale dell'anima, e perciò da comprendere dall'autodeterminazione e dalla responsabilità. Inoltre la graduazione mostra una direzione per la realizzazione dell'essere pieno-umano, essendo cioè ordinati i fini dei gradi inferiori d'essere verso quelli dei gradi superiori d'essere. Tutti questi fatti rimangono innanzitutto moralmente indifferenti, ma ricevono una qualità di valore morale, se i fini presentano pretese quali fini esistenziali nel comportamento dell'uomo o della società.

Dall'ontologia dell'ordine dei fini dobbiamo distinguere la realizzazione stessa dell'ordine dei fini, distinguiamo dunque dall'aspetto ontologico dell'ordine dei fini il suo aspetto propriamente morale. In questo ambito propriamente etico-morale i fini rispettivamente più alti non obbligano in ogni caso, e non obbligano tutti i fini alla loro realizzazione. Per l'ordine della realizzazione è decisivo sempre il rispettivo carattere "esistenziale" dei fini. Qui Messner ricorda anche un fatto fondamentale dell'esistenza umana: la realizzazione dell'essere pieno-umano non si svolge in un unico e solo atto, ma in un processo continuo che abbraccia tutta la vita. Si svolge dunque sempre in relazione alle circostanze. Il criterio dei fini esistenziali fa sì che si possa determinare se e quando un fine più basso nell'ordine gerarchico abbia una urgenza diretta (unmittelbare) nell'intero processo della realizzazione dell'ordine dei fini, ma anche, quando e fin dove, la realizzazione definitiva dei fini esistenziali non debba essere anticipata. Sarebbe, per esempio, sbagliato, se un padre di famiglia si dedicasse alle cose spirituali, che naturalmente hanno un rango ontologicamente più alto tra i fini, e allo stesso tempo lasciasse la sua famiglia senza il necessario sostentamento. D'altra parte è anche vero che un minimo di sviluppo spirituale è condizione per il raggiungimento della realtà piena dell'essere umano del singolo - un minimo di possibilità dello sviluppo spirituale per tutti è un fine esistenziale dell'essere collegati nella società, e perciò è obbligatorio per il suo sistema sociale. In questo senso, il singolo uomo, come tale, non ha nessun obbligo stretto di sviluppare di più il suo impulso verso i valori e fini intellettuali. Per le stesse ragioni possono perdere importanza singoli fini per la realtà piena dell'essere umano in circostanze particolari, anzi possono ricevere un'importanza meramente mediata (indiretta), cioè quella di una rinuncia volontaria o forzata, che poi ha un'importanza diretta al servizio di un altro fine esistenziale. Da un lato quindi se per qualcuno potrebbe diventare non-importante il matrimonio perché vuole essere libero per fini più alti, cioè per una forma del pieno-reale essere umano in un particolare senso perfetta, d'altro canto non è da riconciliare un sistema sociale con l'ordine dei fini (con l'ordine morale naturale), che rende economicamente impossibile il matrimonio per tanti.

Secondo il criterio morale di Messner quindi, per l'azionamento degli impulsi singoli, la moralità si identifica nella concordanza con i fini preindicati nei rispettivi impulsi. Messner dichiara perciò che non è argomento valido contro il suo criterio morale che la moralità possa anche significare non-concordanza del comportamento umano con i fini della sua natura umana pensando ad una rinuncia volontaria o non-volontaria, piena o parziale.18 "Inoltre - come dimostrato - il nostro criterio rende possibile la distinzione del dovuto, del permesso e del più perfetto, detto con altre parole, del rango di valori fondamentali e di ideali di valore (Wertidealen), delle pretese dell'obbligo e di quelle del nobile, delle pretese del diritto e di ciò che è più del diritto, distinzioni tutte alle quali altri sistemi etici non hanno accesso oppure l'hanno soltanto grazie al ritorno a modi di fondazioni extrafilosofici."19

II.2.2.3 Il triplice ruolo del criterio della moralità

Per Messner il criterio della moralità, cioè la causa di conoscenza della moralità o la causa di determinazione della moralità, che viene anche chiamato principio morale, deve assolvere un triplice ruolo:20

1. deve rendere possibile la determinazione di comportamenti che sono in se stessi, e perciò sempre, cattivi nonché deve simultaneamente renderne evidente la ragione, cioè rispondere chiaramente alla domanda: perché la menzogna, l'adulterio, il suicidio etc. sono in sé, e perciò sempre, moralmente riprovevoli?

2. al di fuori dell'ambito di cui al punto (1.) deve consentire di dare il giudizio sulla natura morale del comportamento considerato, sui mezzi al servizio di fini, dunque il giudizio su ciò che è dovuto, permesso o vietato nella situazione determinata;

3. deve permettere una decisione sul comportamento giusto da tenere nel caso di pretese morali, a quanto pare, contrastanti (conflitto di coscienza, conflitto di doveri).

Ad 1.: Perché mentire è in sé e perciò sempre cattivo? La ragione è che mentire è inconciliabile con i fini esistenziali preindicati nella natura sociale dell'uomo perché la realizzazione di questi fini è condizionata dalla necessità di comprendersi e di fidarsi reciprocamente. Azioni, che sono in se stesse cattive, come la menzogna, sono cattive in ogni caso, perché sono sempre contrarie ai fini esistenziali. Oppure, il suicidio è in se stesso cattivo perché chiude l'esistenza fisica mentre l'uomo deve realizzare la sua esistenza morale in un processo in sé mai chiuso, allora non deve dare una fine arbitraria (willkürlich) a questo processo etc.

Ad 2.: Il criterio serve anche nella moralità condizionata dalle circostanze. Messner dimostra questo con altri esempi. L'interruzione dell'uso della ragione priva l'uomo della sua signoria sulle sue capacità spirituali che gli permetterebbe la concordanza con i fini esistenziali nel suo comportamento. Questa interruzione viola l'ordine morale se viene causata soltanto per la gioia dell'alcool. Ma se l'interruzione fosse necessaria per raggiungere un fine esistenziale come il mantenimento della vita o del benessere corporale, sarebbe giustificata come nel caso di un'anestesia prima dell'operazione.

Ad 3.: Per quanto riguarda il "conflitto di doveri", Messner vede di nuovo la chiave nel suo criterio morale. Per quanto un obbligo fondato in un singolo fine esistenziale non possa essere realizzato più tardi nel processo della realizzazione dell'ordine di fini, va realizzato prioritariamente (= priorità nel tempo o primato cronologico - Zeitvorrang). Nel conflitto di due obblighi attuabili in questo processo, il primato spetta all'obbligo fondato in un fine esistenziale di ordine più alto (= primato di valore). Nel conflitto di due obblighi di cui l'uno fondato nella decisione volontaria propria (per esempio della madre ad un lavoro fuori casa) e l'altro fondato in un fine esistenziale (per esempio la responsabilità per l'educazione dei bambini propri), ha priorità quest'ultima (= primato d'essere - Seinsvorrang).

Sappiamo che oggettivamente, cioè nella realtà pienamente compresa, non c'è nessun conflitto di obblighi (e diritti), anche se la coscienza soggettiva di un tale 'conflitto' può spesso aggravare la coscienza del singolo uomo. È il condizionamento di circostanze degli obblighi morali, cioè dei presupposti e delle conseguenze di azioni, che conduce a giudizi contrastanti su obblighi morali, a causa dunque della conoscenza manchevole del genere e dell'importanza delle stesse circostanze. Qui il criterio morale di Messner vuole anche servire ad un necessario realismo (Sachlichkeit) nei conflitti spesso sociali.

II.2.3 Definizione e contenuto della legge naturale

L'essenza del morale per Messner consiste non soltanto nella recta ratio (das Vernunftrichtige), ma nel più universale concetto recta natura ("retto di natura" - das Naturrichtige), cioè nel comportamento preindicato attraverso la razionale cognizione morale e i fini esistenziali. Il linguaggio scientifico più generale intende con le leggi naturali i persistenti modi d'effettuarsi o comportamenti insiti nelle cose o negli esseri in forza della loro natura. "Nel campo umano non occorre cambiare il più generale concetto della legge naturale: essa è il modo d'effettuarsi insito nella natura razionale dell'uomo per causare il comportamento in conformità alla stessa natura."21

Dopo alcune importanti spiegazioni, che vediamo subito, Messner dà un concetto di legge naturale secondo lui più conforme al pensiero d'oggi: "È il tendere dell'uomo verso i valori (Wertstreben), collegato con la conoscenza sulla validità obbligatoria di valori fondamentali."22 Poi Messner, commentando il fatto fondamentale dell'eudaimonia, darà anche un'ulteriore definizione: "La legge morale naturale è la legge della sua natura spingendo al suo auto-adempimento essenziale attraverso il suo impulso di felicità come impulso fondamentale."23

Secondo la natura razionale, menzionata nella sua prima definizione, la legge naturale opera nell'uomo attraverso la sua cognizione razionale (Vernunfterkenntnis) e la sua volontà razionale (Vernunftwillen).

La cognizione razionale ha qui una doppia funzione: da un lato la comprensione (Einsicht) dei princípi in se stessi certi del bene morale (= il riconoscimento di valore - Werteinsicht), da un altro lato la cognizione dell'ordine di fini condizionato dall'essere e dalle pretese concrete della sua realizzazione condizionata dalle circostanze (= la cognizione oggettiva della situazione o dell'ambito specifico - Sacheinsicht).

La volontà razionale ha anche due funzioni da svolgere: da una parte adempiere agli obblighi così conosciuti (= il comando della coscienza - Gewissensgebot) e dall'altra parte lasciarsi determinare dagli impulsi insiti nella sua natura che tendono all'essere pieno-umano, efficace nel suo impulso alla felicità (= il tendere verso i valori - Wertstreben).

Questo impulso verso l'esser pieno-umano viene realizzato innanzitutto nella vita della comunità familiare con la stima e l'amore, conseguenze dei rapporti vitali tra i suoi membri. Con il pieno uso della ragione si rivelano all'uomo i rilevanti comportamenti come veramente umani, si sviluppano la cognizione razionale dei valori fondamentali moralmente obbligatori nonché il giudizio della coscienza per il comportamento nella situazione concreta. Questa cognizione razionale può essere definita come il lato psicologico-soggettivo nel concetto della legge naturale (oppure può essere nominato "l'ordine della ragione", perché facoltà della ragione morale alla cognizione di valori e princípi).

Ugualmente importante è l'aspetto ontologico-oggettivo nel concetto di legge naturale, cioè l'ordine fondamentale dei rapporti umani e sociali, condizionato attraverso i rapporti vitali efficaci nella comunità familiare (oppure si può parlare dell' "ordine dell'essere", perché ricorrendo nelle inclinazioni impulsivi corporali-spirituali della natura umana).

Tutti e due gli aspetti del modo d'effettuarsi della natura umana formano insieme la legge naturale propria. I modi d'effettuarsi nel senso oggettivo e nel senso soggettivo della legge naturale sono collegati profondamente. La causa di questo stretto collegamento risiede nel genere particolare della natura sociale dell'uomo. "Parlando filosoficamente dell'uomo, lui venne e viene ancora considerato troppo come essere singolare in sé finito oppure, comprendendolo come essere sociale, viene visto troppo nel suo rapporto con lo stato, così come venne visto nell'antichità (e sotto la sua influenza parzialmente anche nel medioevo). In via di principio e molto più originariamente l'uomo è essere familiare"24.

In questa vita familiare l'uomo viene in un certo senso costretto ad accettare la diretta esperienza della sua natura, che per la sua autodeterminazione diventa così motivo per comportamenti in conformità alla sua natura. Allora, già nella radice sono così legate indissolubilmente l'esperienza dei valori e l'esperienza dell'essere, la cognizione dei princípi e la cognizione dell'essere. La legge naturale anche secondo il suo lato ontologico-oggettivo è altrettanto originariamente efficace come secondo il lato psicologico-soggettivo. Questo per Messner è un punto importantissimo nella domanda sul concetto della legge naturale e perciò poi anche per il diritto naturale: "I princípi morali ossia i valori vengono compresi sin dall'inizio non astrattamente e formalmente, ma soltanto con determinazione concreta, oggettiva e contenutistica."25

Tutti i princípi morali e giuridici semplici come quelli della moderazione (Maßhalten), della carità (regola aurea - Nächstenliebe), della giustizia (suum cuique), dell'obbedienza, del mantenere la parola, della fedeltà al contratto (pacta sunt servanda), della veridicità, tutti questi vengono appresi innanzitutto nel loro modo concreto di validità nella vita della comunità familiare e poi compresi nel loro contenuto generale e contemporaneamente visti nella loro verità in sé certa e dunque nella loro validità universale. In relazione con questa cognizione viene riconosciuto anche come in sé certo (= evidente) e universalmente obbligatorio il principio generale più alto ("il bene va fatto, il male va evitato"). Così la facoltà della ragione all'apriori morale diventa efficace pienamente.

Da quest'analisi della legge naturale umana, Messner trae tre importanti conseguenze:

1. "La legge naturale non consiste in un codice immutabile per tutti i tempi, consiste piuttosto nei valori o princípi fondamentali che condizionano l'essere pieno-umano e obbligano l'uomo, i quali sono immutabili solo nel loro contenuto generale (allgemeinen) e possiedono validità assoluta solo in quanto corrispondono all'essenza fondamentale immutabile della natura personale dell'uomo che stessa rappresenta un valore assoluto."26

2. Appartiene al carattere essenziale della legge naturale il fatto che il suo modo concreto di validità sia condizionato dalla situazione concreta, sia cioè condizionato storicamente. Le sue pretese concrete possono dunque cambiare. Inoltre, in considerazione della situazione concreta, la legge naturale riceve validità ed efficacia nella vita individuale e sociale prima di tutto attraverso la responsabilità di coscienza dell'uomo.

3. E poiché per avere il giudizio giusto di coscienza sono ugualmente necessarie la cognizione di princípi e la cognizione della situazione concreta, la legge naturale obbliga l'uomo allo sforzo continuo per avere la conoscenza sufficiente secondo ambedue le direzioni, specialmente in situazioni complicate della società e della cultura, nelle quali è necessario per lui che la decisione corrisponda alla sua responsabilità di coscienza.

II.2.4 La legge naturale come natura

Il risultato di quanto detto finora è che la legge naturale umana è il modo d'effettuarsi della natura dell'uomo secondo le pretese della sua realtà piena, cioè ciò che deve significare per lui realizzazione essenziale della vita e di conseguenza realizzazione della felicità. Differentemente, un'etica o un'educazione, che dianno alla legge morale una fondazione principalmente teologica, provocano l'impressione che Dio, come legislatore illimitato, l'avrebbe prescritta discrezionalmente all'uomo da lui creato. In realtà, quest'ipotesi si trova anche contraria alla dottrina rivelata sulla creazione e sul modo con cui il creatore (causa prima) dà la sua volontà alla natura. Il creatore lascia effettuare la sua volontà attraverso le forze e le predisposizioni che ha messo nelle causae secundae.

Questo capitolo riguarda le seguenti domande: Che cos'è il vero bene per l'uomo? Perché il bene morale è per l'uomo non soltanto un bene fra altri, ma (semplicemente) il bene?27

II.2.4.1 L'impulso fondamentale della natura umana

Aristotele poteva ridurre gli impulsi propri della natura umana all'unico impulso della felicità. Siccome questo sforzo per la realizzazione della felicità è motivato da forme di amore verso beni e valori determinati, per Messner l'impulso fondamentale è l'amore. Perciò Messner non vede una contraddizione nel considerare come impulso fondamentale una volta l'amore, un'altra volta l'impulso della felicità. Questo amore che può riconoscere il rapporto tra i beni e la realizzazione degli impulsi singoli e in più il rapporto tra i beni e la realizzazione dell'impulso della felicità in generale, questo amore è soltanto possibile all'uomo. A proposito degli animali, possiamo perciò parlare soltanto di un amore analogico in quanto condotto dalla conoscenza istintiva.

La sede di questo impulso fondamentale è la volontà come forza a cui è sottoposto il modo d'effettuarsi di tutti gli impulsi propri. E siccome la volontà, da parte sua, dipende dalla cognizione, l'uomo ama ciò che ama soltanto ratione boni che riconosce per se stesso anche se la sua cognizione fosse sbagliata. Perciò l'attivazione giusta dell'impulso fondamentale, l' "amore giusto", dipende dalla giusta cognizione nella scelta dei beni, cioè dalla ragione retta (recta ratio) o dalla giustezza di impulsi, come Messner la chiama.

Se allora questo impulso fondamentale ha la sua sede nella volontà, una "volontà buona" è una virtù che consiste secondo S. Agostino fondamentalmente nell'ordine dell'amore. Quest'ordine oggettivamente è l'ordine dei fini. Soggettivamente la "disposizione" (Gesinnung) nel comportamento umano viene determinata da fini ai quali si volge la volontà. "Siccome dunque la 'volontà buona' o la giusta disposizione morale consiste nella conformità dei fini soggettivi con quelli oggettivi, tutti e due nel loro reciproco rapporto sono ugualmente costitutivi per la moralità del comportamento umano. Soltanto l'etica che tiene così fermo l'essere determinati dell'azione buona ugualmente dalla volontà buona soggettiva come dai princípi oggettivi della giustezza dei fini nel senso esposto della giustezza della cosa, soprattutto anche rispetto alle conseguenze dell'azione"28 si può denominare etica di responsabilità. Così si distingue da una pura etica dell'intenzione e da un'etica del successo. Perciò fini oggettivamente buoni possono diventare cattivi a causa di obiettivi soggettivamente cattivi, cioè a causa di un'intenzione cattiva, mentre d'altra parte la migliore intenzione non può trasformare un male in sé a un bene. A causa di questo rapporto tra fini soggettivi e oggettivi nel comportamento umano segue, che il fine non può mai santificare il mezzo.

Perché allora la legge naturale per l'uomo è natura? Perché la legge naturale mira all'orientamento del comportamento umano al giusto "ordine dell'amore", cioè mira a che i fini soggettivi corrispondano ai fini oggettivi "esistenziali" nella cui realizzazione la natura umana raggiunge la sua piena realtà.

II.2.4.2 Il fatto fondamentale del dovere
(problema della deontologia)

Quest'orientamento dato dalla legge naturale umana non è una necessità automatica e inevitabile, ma dipende dall'autodeterminazione dell'uomo, e perciò l'orientamento anzidetto diventa per lui la pretesa del dovere. Ma anche nel dovere c'è una necessità, cioè quella ad agire secondo le pretese della realtà piena dell'essere umano a cui è legata. Direttamente l'uomo sente questa necessità nella costrizione della sua coscienza. L'uomo sa che può agire contro la sua coscienza, ma sa anche che il dovere di coscienza è un assoluto e perciò collegato con una necessità di un comportamento determinato esistendo indipendentemente dai suoi "pro" e "contra". Infatti l'obbligo è allo stesso tempo necessità assoluta e condizionata: è necessità condizionata (ipotetica) perché condizionata dall'autodeterminazione; è necessità incondizionata (assoluta, categorica) perché la piena realtà della natura umana non permette altro che l'agire secondo la legge naturale. E se l'uomo agisce contro la legge naturale, cade da questa piena realtà, cioè agisce "sub-umanamente" (untermenschlich). Siccome l'obbligo descritto è certo una pretesa assoluta, il suo adempimento, però, è condizionato dalla sua autodeterminazione, la necessità insita nell'obbligo, cioè la costrizione della coscienza, ha il carattere del "dovresti" (Sollen) e non ha il carattere della costrizione in senso stretto. Secondo il concetto generale, l'obbligo è perciò il collegamento assoluto del comportamento umano ad un "dovresti".

Il fatto fondamentale della deontologia consiste dunque nel fatto che la stessa natura umana lega l'uomo alla legge naturale morale. La legge morale per lui è comandamento naturale (Naturgebot). Per conseguenza l'uomo è autonomo nel vero senso della parola: la legge naturale è natura e così legge. La ragione riconosce veramente la legge morale come pretesa, come legge della natura razionale dell'uomo. In questo ambito del fatto fondamentale deontologico l'etica giusnaturalistica poteva aprire una importante linea di sviluppo con la distinzione tra il bene e l'obbligo. L'occupazione da parte dell'etica giusnaturalistica non soltanto del bene, ma anche dell'obbligo, è particolarmente importante perché la responsabilità morale per l'adempimento di certi obblighi, responsabilità data con la natura umana e con i suoi fini esistenziali, rende possibile una fondazione concreta della dignità dell'uomo (dignità della persona). Perché considerando la società ideologicamente pluralistica Messner è convinto che "solo un concetto chiaro della dignità umana offre il presupposto per il riconoscimento dei diritti naturali individuali e sociali, radicati nella responsabilità considerata, nonché degli obblighi individuali e sociali incutendo rispetto agli stessi predetti diritti naturali."29

È certo sempre il bene, magari nella forma di evitare il male, a formare l'oggetto dell'obbligo, ma non ogni bene si presenta come obbligo per l'uomo. Esso è obbligato a quel bene che è indispensabile per rimanere in armonia con la sua natura essenziale (wesenhafte Natur), cioè con i fini esistenziali. In questo grande campo del bene e dell'obbligo si può riconoscere che la maggioranza degli obblighi essendo vestiti nella forma negativa del divieto sono soltanto apparentemente negativi. In fondo tutti quelli sono positivi: " 'Non rubare' significa dunque: 'Nel tuo comportamento verso la proprietà altrui devi osservare l'ordine preteso dalla tua natura.' "30

Messner crede che la sua fondazione particolarmente ontologica dell'etica, come scienza normativa, dimostri la fragilità di un argomento principale del neopositivismo contro l'etica quale scienza normativa. Sin da Hume viene ripetuto sempre lo stesso pensiero che la conoscenza di verità sia possibile soltanto nell'ambito dei fatti, ma non nell'ambito dei valori, e che perciò sia impossibile di dimostrare razionalmente un dovere.31 Secondo Messner la sua analisi del morale mostra che le proposizioni di dovere (Sollsätze) possono essere comprese altrettanto bene o espresse come proposizioni di essere (Istsätze). Il morale è il giusto di natura (Naturrichtige) oppure il conveniente alla natura (Naturentsprechende) oppure il preteso dalla natura (Naturgeforderte).

Subito il positivismo logico direbbe, che il giusto, corrispondente e preteso implichi sempre proposizioni di dovere. Secondo Messner questo è errato perché non è neanche una proposizione di dovere il dire che la caccia ai topi per il gatto è il giusto di natura, il conveniente alla natura. "Il giusto di natura e il preteso dalla natura non vengono messi da noi dentro la natura umana partendo da proposizioni di dovere, ma risalgono all'osservazione del modo d'effettuarsi della natura umana nella sua situazione fondamentale della famiglia: il morale è il comportamento in forza del quale la natura umana raggiunge la piena realtà dell'essere veramente uomo."32

II.2.4.3 Il fatto fondamentale dell'eudaimonia
(dottrina della realizzazione della felicità)

L'impulso umano fondamentale dell'amore è sempre rivolto ad un bene, cioè a qualcosa in cui l'uomo riconosce un bene per sé, un valore - esso si muove necessariamente verso la soddisfazione del suo impulso di felicità. Generalmente per tutti gli esseri determinati da impulsi, oppure da istinti, l'adempimento della felicità significa adempimento dell'impulso o dell'istinto. Anche il bene corrispondente alla natura dell'uomo in cui raggiunge la piena realtà del suo essere si può definire ugualmente nell'adempimento essenziale degli impulsi. Ma il raggiungimento del modo d'effettuarsi degli impulsi secondo i fini intrinseci è competenza dell'autodeterminazione propria alla sua disposizione razionale e in questo consiste anche l'essenza della moralità. Perciò l'adempimento essenziale della fortuna per l'uomo è legato alla moralità.

In Aristotele troviamo due diversi modi di voluttà (Lust). Un modo è collegato con l'atto dell'adempimento dell'impulso (per esempio la gioia gustatoria con il mangiare); l'altro modo di voluttà è collegato con il raggiungimento del fine insito nel rispettivo impulso (per esempio la forza vitale come fine del mangiare). Ogni uomo, "non dimenticando se stesso", stima di più il benessere corporale, cioè il fine essenziale di ogni nutrimento, di una gioia per il mangiare stesso, causando una malattia. Questo mostra che l'adempimento della felicità non è semplicemente equivalente alla gioia. Inoltre, ognuno sa che l'adempimento di singoli impulsi è soltanto un adempimento transitorio. "Neppure l'eternità di una beatitudine limitata soddisferebbe l'uomo. Essa non lo condurrebbe sopra una più o meno piacevole eternità della noia."33 Ognuno sa anche dalla sua esperienza, che le cose che gli sembrano indispensabili per la sua felicità hanno perso almeno particolarmente il loro effetto iniziale dopo un certo tempo di possesso. Già Aristotele ha constatato che la ricettività dell'uomo si esaurisce per valori meramente di gioia.

L'impulso di felicità dell'uomo pretende la realtà eterna ed infinita del bene. La relativa causa sta nel fatto che, grazie all'idea generale del bene che corrisponde al suo impulso di felicità, l'uomo riconosce la limitatezza dei singoli beni secondo la durata e la misura (espansione - Ausmaß) della soddisfazione dell'impulso di felicità rispettivamente collegata agli stessi. Allo stesso tempo questa idea generale del bene lo abilita a rendersi conto del summum bonum, dell'idea del bene pieno infinito secondo essere e durata. Abbracciando quest'idea egli sa anche che soltanto questo bene pieno (Vollgute) può soddisfare il suo impulso di felicità. Certo, la maggioranza della gente non è cosciente di questo con chiarezza analitica. Ma l'inquietudine esistenziale di cui ha parlato S. Agostino nelle sue Confessiones mostra indubbiamente che tutti i beni contingenti provocano presentimenti del bene pieno infinito ed eterno dal cui possesso solo si può aspettare l'adempimento definitivo delle sue nostalgie nate dal suo impulso di fortuna. Anche se non basta l'impulso di fortuna, isolatamente preso in considerazione, per avere una prova costringente dell'esistenza di Dio, se l'uomo riconosce Dio come summum bonum e capisce bene se stesso, il suo impulso di fortuna si volge a Dio con amore personale. Qui Messner pensa innanzitutto al più forte motivo per il comportamento morale.

Dalla sua analisi Messner ricava le seguenti risposte. Primo, la sensazione di piacere collegata all'atto dell'adempimento dell'impulso, cioè i valori di voglia, sono qualcosa di subordinato, ossia un fenomeno concomitante nei confronti ai valori di fortuna collegati all'adempimento essenziale dell'impulso, cioè nei confronti dei valori morali e degli altri valori di personalità. Secondo, per tutti gli esseri l'adempimento della fortuna è l'adempimento del loro sforzo impulsivo (Triebstreben) predisposto per la realizzazione del pieno benessere della loro natura. Anche per l'uomo il pieno benessere consiste nella piena realtà della sua natura, nell'adempimento degli impulsi preteso dai suoi fini di impulso (Triebzwecken). Perciò il pieno benessere come adempimento della fortuna per l'uomo non può diventare realtà in opposizione alla legge morale.

Così Messner può dare di nuovo una definizione della legge naturale: "La legge morale naturale è la legge della sua natura spingendo al suo auto-adempimento essenziale attraverso il suo impulso di fortuna come impulso fondamentale."34 Sottolineando così l'ontologico stato di fatto, per Messner viene evitato che l'eudaimonologia ossia l'etica come dottrina di salute abbia necessariamente una essenza egocentrica. Vediamo questa essenza egocentrica in quelle forme di etica eudaimonologica, nelle quali psicologicamente viene considerato lo sforzo all'adempimento di fortuna come l'essenza del morale e della fondazione della moralità. E perciò dobbiamo distinguere la fondazione scientifico-filosofica della moralità dai motivi effettivi collegati con un certo interesse. Tali motivi potrebbero però soltanto non essere riconosciuti da chi misconosce la natura umana. "Dalla nostra fondazione dell'etica dovrebbe essere chiaramente riconoscibile che l'adempimento dell'essere e della fortuna è conseguenza della moralità e non la sua causa essenziale."35

L'etica giusnaturalistica è dunque ugualmente un'etica teleologica, intuizionistica e eudaimonologica. La conseguenza pratica è che questa etica non disconosce il carattere morale di un comportamento il cui motivo diretto sarebbe la preoccupazione per il destino definitivo compreso così dall'impulso di felicità, cioè il cui motivo in questo caso non sarebbe semplicemente la sottomissione all'obbligo o l'amore versus Deum purché quegli ultimi due motivi rimangano inclusi nella descritta preoccupazione grave. L'etica giusnaturalistica ha sempre ben compreso che l'adempimento definitivo dell'impulso di fortuna forma il motivo decisivo del comportamento morale per la maggioranza degli uomini che non vogliono rischiare la perdita di questo adempimento definitivo dovendo rendere conto al più alto legislatore dei loro comportamenti. Cercando valori di fortuna possono infatti seguire fini (interessi) della loro scelta purché questi fini rimangano in armonia con l'ordine dei fini. Benché in questo modo l' "ordine dell'amore" sia efficace soltanto indirettamente nel loro comportamento, rimane assicurata la realizzazione dei fini esistenziali e così l'adempimento dell'amore nei valori di felicità definitivi del summum bonum.

Messner dà finalmente l'esempio del controllo delle nascite: un controllo arbitrario può forse causare un certo modo di un'aumentata realizzazione della vita considerando una famiglia con due bambini. Dopo avere però constatato, che 1. valori esterni e materiali non rappresentano l'ultimo senso della vita, che 2. i genitori e i bambini trovano presupposti essenziali per la realizzazione dell'essere individuale nei valori di personalità condizionati attraverso la comunità di famiglia (carità, prontezza a soccorrere, spirito di sacrificio etc.) e che 3. l' "esistenza" della società con tutto ciò che essa rappresenta per le generazioni future, sarebbe in pericolo nel caso in cui il controllo arbitrario delle nascite diventasse un principio dominante della vita nazionale, ne deriva conseguentemente che il controllo delle nascite non può essere il bene per l'uomo, né individualmente né socialmente. - Dallo studio dell'impulso fondamentale nella costituzione degli impulsi (Triebkonstitution) dell'uomo, dell'assolutezza della pretesa di obbligo (Pflichtforderung) e dell'infinità della pretesa della fortuna, Messner conclude espressamente che la legge naturale per l'uomo è natura, perché l'uomo raggiunge la piena realtà e il pieno bene della sua natura attraverso il bene morale. Perciò il bene morale per l'uomo non è un bene, ma il bene. Inoltre questo studio ha mostrato che la legge naturale umana di fondo è soltanto un'unica legge, mentre troviamo nella natura extra-umana una pluralità di leggi naturali. Queste leggi naturali sono i modi d'effettuarsi delle cose, determinati attraverso le tensioni essenzialmente proprie verso un obiettivo (wesenseigene Zielstrebigkeiten). Per contro la tensione verso un obiettivo (Zielstrebigkeit) data all'uomo attraverso il pieno-bene (Vollgute) della sua natura è il bene dell'uomo, e perciò la sua legge naturale è soltanto l'unica che come tale ordina l'autodeterminazione dell'uomo nel suo comportamento all'unico fine dell'essere pieno-reale della sua natura razionale.

II.2.5 La legge naturale come legge

La parola legge ha un senso doppio, cioè da un lato indica i modi d'effettuarsi nelle cose, e da un altro lato significa il comando di un legislatore. La legge naturale morale è legge in quel doppio senso, è modo d'effettuarsi naturalmente condizionato nonché norma imposta. Così per l'uomo la legge naturale è comandamento naturale e in più comandamento di legge. Messner dice "in più", perché nella sua forza obbligatoria la legge naturale morale ha un formato totalmente differente come comandamento di legge divino che come "puro" comandamento di natura. Nonostante ciò, Messner dichiara indispensabile per l'etica dimostrare la legge naturale morale anche come modo d'effettuarsi proprio della natura umana stessa e dimostrare l'obbligo morale come pretesa della natura umana in quanto tale.

Anche il fatto sempre più visibile che la gente di un mondo ideologicamente pluralista si riferisce, per la costruzione di un ordine sociale vitale, a princípi morali generalmente riconosciuti che non vengono dedotti da una singola religione, spinge nella direzione di una ricerca di questi princípi esclusivamente attraverso la ragione. La dottrina del diritto naturale e l'etica del diritto naturale devono pertanto lavorare con metodi filosofici. Primo, devono rendersi conto gnoseologicamente e logicamente sul modo filosofico e sulla fondazione dei loro concetti fondamentali. Secondo, devono elaborare il concetto della natura con mezzi appartenenti alla conoscenza razionale. Terzo, devono circoscrivere esattamente che cosa si evince da questa conoscenza razionale nel concetto della natura umana e che cosa si evince dalla conoscenza della fede; secondo Messner, si evince dalla conoscenza razionale tutto l'essenziale, mentre dalla cognizione della fede si evince la certezza rafforzata nella cognizione dell'essenziale.36

D'altra parte è chiaro per Messner che nessuna etica può trovare una fonte di obbligo assoluta per eccellenza e una sanzione assoluta per la legge morale, senza ricondurle al comando del legislatore divino la cui volontà prescrive l'ordine morale naturale e la cui potenza lo ristabilisce dopo una violazione. La nostra coscienza parla molto chiaramente, nella nostra esperienza dell'imperativo morale troviamo più di una "pura" coscienza su un comando della natura. Sappiamo dal legislatore che ha potere su di noi, e sappiamo anche che il nostro destino definitivo dipende da questo rapporto con lui. Messner non afferma che ogni uomo ne abbia un chiaro concetto, e altrettanto è chiaro che queste individuali esperienze date di fatto non produrrebbero una prova costringente per l'esistenza di Dio. Collegato però con la nostra cognizione naturale di Dio, da altre fonti la legge naturale si dimostra chiaramente come comando di chi ha creato la natura umana e le ha dato la sua legge: la legge naturale è legge divina, e la volontà divina è fonte ultima dell'obbligo morale.

La legge naturale viene dunque promulgata attraverso la rivelazione "naturale". "La promulgazione, che è necessaria per la validità di ogni legge (colui che è tenuto alla legge, deve conoscerla per poter essere obbligato), per la legge naturale si effettua attraverso la natura umana stessa. L'uomo ne viene informato attraverso la sua coscienza naturale e la conoscenza rispettivamente collegata della sua natura come uomo."37 La legge naturale perciò è rivelazione naturale della sapienza eterna, che dà alla creazione essere e ordine. Questa sapienza eterna, che è identica con la "legge" propria di Dio concernente l'essere e l'agire, viene chiamata da S. Agostino lex aeterna. Questa lex aeterna opera nella creatura dotata di ragione attraverso la legge morale naturale: attraverso cioè la conoscenza di coscienza (Gewissenseinsicht) e attraverso il comandamento di coscienza (Gewissensgebot). Secondo S. Agostino dunque la legge naturale è l'impronta (Abdruck) della legge eterna nello spirito umano, e secondo S. Tommaso la legge naturale è la participatio della creatura dotata di ragione alla legge eterna.38 Conseguenza importante: vista la funzione essenziale della coscienza, l'uomo deve seguire la sua convinzione certa (zweifelsfrei) nel caso singolo della domanda tra bene e male di un comportamento morale considerato.

Due sanzioni sono collegate con la legge naturale. La prima è provvisoria: consiste nella soddisfazione o nel rimprovero della coscienza. La seconda sanzione è definitiva: se l'uomo si oppone contro la sua legge naturale con piena decisione, deve essere il suo destino la perdita irreversibile dell'adempimento della felicità, che solamente avrebbe soddisfatto la sua natura. Questo significa l'eterno essere lontano dal suo fine finale della sua natura, significa un tormento per l'uomo riconoscendo soltanto così il legislatore, e soltanto così l'uomo può soddisfare ancora l'ordine voluto da Dio e la glorificazione di Dio. Di nuovo si mostrano collegate nel più profondo la deontologia e l'eudaimonologia: il dovere mostra all'uomo la via per raggiungere lo stato che unicamente soddisfa la sua natura, cioè la partecipazione alla realtà infinita ed eterna del bene. "Così veniamo al risultato, che la legge naturale include una necessità, alla quale è collegato il destino dell'uomo più inevitabilmente da come qualsiasi avvenimento del mondo materiale dipenda da leggi fisiche."39 Il mondo morale deve diventare realtà eterna. Questo per Messner è evidente se si constata accanto all'esistenza di Dio anche l'immortalità dell'anima spirituale.

II.2.6 Il modo d'effettuarsi della legge naturale

Già abbiamo visto che la legge naturale secondo Messner è il modo d'effettuarsi della natura umana per provocare il comportamento a quella corrispondente.

II.2.6.1 La legge naturale come oggetto della
cognizione razionale: giudizi sintetici a priori

I princípi morali elementari (primari, di primo rango) formano il contenuto della conoscenza razionale morale immediata, cioè della coscienza naturale. Tra questi il più alto dice: il bene va fatto, il male va evitato (oppure nel senso di S. Tommaso: rectitudinem servare, oppure nel senso di Suarez: honestum est faciendum). Appena l'esperienza e lo sviluppo della ragione rendono possibili al singolo uomo la comprensione del senso di concetto e giudizio (Begriffs- und Urteilssinn), anche i seguenti princípi concernenti i rapporti con sé stesso, con gli altri e con Dio sono ugualmente riconoscibili: "conserva moderazione" (halte Maß); "dai a ognuno il suo" (gib jedem das Seine); "non fare ad altri ciò che tu non vuoi che ti venga fatto" (tue anderen nicht, was du nicht willst, daß sie dir tun); "conserva il comportamento che rende possibile la convivenza sociale" (bewahre das das gesellschaftliche Zusammenleben ermöglichende Verhalten); "i genitori sono da rispettare" (die Eltern sind zu achten); "si obbedisce all'autorità legittima" (der rechtmäßigen Obrigkeit ist zu gehorchen); "pacta sunt servanda" (Verträge sind zu halten); "a Dio è da rendere l'onore dovuto" (Gott ist die gebührende Ehre zu erweisen).40

Ancora ugualmente riconoscibili sono i princípi (secondari, di rango secondario), che presuppongono una riflessione un poco più sviluppata rispetto alla natura dell'uomo e all'ordine della vita comunitaria, una riflessione, che si presenta già forte alla ragione più sviluppata dell'uomo giovane con l'allargamento della sua esperienza. Qui si tratta delle verità morali relative alla comprensione che furto, bugia, adulterio, lussuria (Unzucht) sono cattivi in sé. Questo ambito dei princípi secondari secondo S. Tommaso e Suarez forma il contenuto del decalogo, tranne il terzo comandamento che è legge divina positiva.

Questi due ordini di princípi elementari formano i princípi della ragione pratica, che ci abilitano al comportamento giusto (cf. il concetto della synderesis41 nella dottrina giusnaturalistica tradizionale). Hanno i loro paralleli nei princípi della ragione speculativa, che ci abilita al pensare in modo giusto (il principio della contraddizione). Siccome i princípi più generali del comportamento giusto sono immediatamente riconoscibili per la ragione pratica, appena compreso il loro senso, vengono denominati anche l'apriori morale. Questo significa che questi princípi non hanno la loro fondazione nell'esperienza, ma che sono piuttosto evidenti (in se stessi), anche se l'esperienza forma il presupposto della loro cognizione. Vista l'importanza dell'apriori morale e perciò della comprensione intuitiva dei princípi elementari morali come verità immediatamente conoscibili, l'etica è anche intuizionistica (nonché teleologica e eudaimonologica).

Per contro, i princípi applicati (terziari, di rango terziario) non sono immediatamente conoscibili per la maggioranza degli uomini, ma si fondano piuttosto sull'applicazione dei princípi immediatamente riconoscibili deducendoli per le rispettive circostanze sempre particolari al fine della conoscenza dei comportamenti moralmente pretesi. In che cosa consiste una giusta retribuzione sarà riconoscibile senza problemi in condizioni più semplici. Però, nel caso di una sviluppata divisione del lavoro non è nemmeno possibile misurare la retribuzione che un imprenditore deve alle diverse categorie di lavoratori e impiegati, se non c'è la conoscenza più precisa del processo della divisione socio-economica del lavoro. Accanto alla conoscenza dei princípi c'è indispensabilmente bisogno di una vasta conoscenza oggettiva (ausgedehnte Sacheinsicht) della materia considerata.

Dunque, i princípi della cognizione razionale morale immediata non nascono nell'esperienza, ma la loro comprensione è condizionata dalla esperienza. Questo perché il loro senso viene compreso soltanto se si percepisce che il senso dei concetti in essi collegati può esser fornito soltanto attraverso l'esperienza. Dobbiamo sapere prima che cos'è il senso dei concetti "genitori" e "irreverenza" per poter riconoscere la verità che l'irreverenza verso i genitori è moralmente cattiva. Secondo Messner questi princípi non sono giudizi analitici perché la cognizione razionale dei princípi morali elementari condizionata dall'esperienza trascende molto la formazione di puri concetti. Questi princípi vengono innanzitutto vissuti, sperimentati, appresi nel loro modo particolare di validità contenutistica come ordine di vita della comunità familiare; sviluppandosi attraverso la ragione viene poi compreso il loro contenuto generale, compreso a causa della conoscenza dell'ordine di vita che condiziona l'essere pieno-umano dei membri di famiglia. Insieme a queste comprensioni viene percepito anche il più generale e alto principio (= il bene va fatto, il male va evitato - il più alto valore morale e la sua essenza obbligatoria) come dotato di contenuto e come evidente (in sé) e universalmente obbligatorio. Secondo Messner i princípi elementari morali condizionati dall'esperienza e dotati di contenuto, hanno l'essenza di giudizi sintetici a priori (synthetische Urteile a priori). La loro comprensibilità (Einsichtigkeit), l'evidenza della loro necessità e validità generale del loro contenuto non si fonda soltanto sulla comprensione di relazioni tra concetti, ma anche su comprensioni in relazioni di essere.42

II.2.6.2 L'aspetto particolare della possibilità di
errore della ragione

Nel comportamento pratico degli uomini troviamo, però, deviazioni che piuttosto nascono da un imperfetto modo d'effettuarsi della legge naturale - è la possibilità di errore della coscienza naturale concernente i princípi elementari stessi. È chiaro che dalla comprensibilità di questi princípi non si deve dedurre che fossero innati (nell'uomo). Innata è soltanto la capacità di comprenderli. Quanto vale per tutte le capacità dell'uomo, anche questa considerata capacità ha bisogno di una formazione buona e anche di un ambiente sociale idoneo per il suo sviluppo. E questo vale sia per il singolo uomo, sia per intere popolazioni, considerando soprattutto quelle allo stadio primitivo. Ci viene di nuovo ricordato che la cognizione razionale della legge naturale abbraccia soltanto i princípi elementari e non contiene nessun codice morale includendo singoli dettagli.

II.2.6.3 La legge naturale come forza operativa (Wirkkraft)

La legge naturale viene intesa come forza operativa in duplice modo: come stimolo della coscienza (Gewissensantrieb) e come stimolo di tensione (Strebensantrieb - in vi appetitiva). Come stimolo di coscienza spinge alla conoscenza del comportamento corrispondente alla coscienza individuale e alla costruzione degli ordini sociali di vita corrispondenti alla coscienza sociale. Come stimolo di tensione verso i valori (Strebensantrieb - Wertstreben), la legge naturale spinge ad un crescente bene comune che rende possibile una realizzazione più ricca della vita. Dunque, la legge naturale è essenzialmente di natura dinamica. È statica soltanto in quanto le verità immediatamente riconoscibili sono immutabili, cioè in quanto vengono considerati gli elementari princípi generali morali. È altrettanto chiaro che anche il modo d'effettuarsi appena considerato della legge naturale è soltanto un modo imperfetto, un fatto confermato spesso tragicamente dall'esperienza di ogni uomo e dalla storia.

II.2.7 L'essenza universale ed individuale della legge naturale
e la non-diversità e diversità nella legge naturale

Secondo Messner la legge morale individuale e la legge morale universale hanno lo stesso rapporto esistente tra la natura umana individuale e la natura umana universale. La natura essenziale di tutti gli uomini con i loro fini esistenziali è indipendente da ogni razza e da ogni stadio di sviluppo ed è sempre la stessa, e pertanto la legge morale è la stessa per tutti. Per il singolo uomo secondo le sue doti, caratteristiche, circostanze e per le singole popolazioni secondo caratteristiche particolari e sviluppi culturali, la legge morale universale può influirli con obbligazioni particolari e anche con particolari atteggiamenti di certe virtù. La conseguenza è l'individuale personalità morale del singolo uomo e la moralità sociale delle popolazioni di un caratteristico genere proprio.

La domanda qui considerata ha una portata particolare per la dottrina del diritto naturale. La domanda dell'esistenza o no di un ordine morale universale decide anche la domanda sull'esistenza o no di un ordine fondamentale giuridico obbligatorio che autorizza e obbliga tutti gli uomini e le popolazioni in modo uguale. Messner accenna soprattutto a filosofi e moralisti influenti che affermano che "la coscienza dice alle diverse popolazioni qualcosa di differente". Queste affermazioni si fondano secondo Messner su un'osservazione difettosa dei fatti. Questi dottori dovrebbero imparare dall'etnologia e dall'antropologia che l'unità della coscienza morale dell'umanità è certa. Oggi è un principio generalmente accolto dall'etnologia, che soltanto dopo una vita lunga con i primitivi è possibile una conoscenza delle convinzioni fondamentali che si nascondono nelle loro forme di buon costume.43

L'accertamento dell'essenza universale della legge naturale vuol dire che appartiene alla natura razionale di tutti gli uomini, e perciò non c'è nessun uomo moralmente cieco. Questo significa che per l'uomo con ragione pienamente sviluppata è impossibile un'ignoranza totale ed invincibile concernente i più generali princípi della legge naturale.44 Tutto questo dimostra chiaramente l'importanza dell'educazione morale nella famiglia e nella scuola per lo sviluppo della natura morale dell'uomo. Trascurarla significa non soltanto un male per la gioventù, ma anche per la società. Così la radice naturale dell'ordine sociale per forza sminuisce, se la disposizione naturale morale della gioventù non viene sviluppata e formata. Va considerata qui anche l'influenza negativa o positiva della moralità pubblica di una società.45

La legge naturale morale è la stessa per tutti gli uomini. Se il principio molto richiamato dell'uguaglianza può avere qualche senso, potrà essere soltanto quello che tutti gli uomini possiedono l'uguale dignità morale come persone e perciò hanno gli stessi diritti originari. Chi proclama l'uguaglianza sociale con delle pretese fondamentalmente uguali, presuppone l'uguaglianza delle responsabilità fondamentali morali di tutti gli uomini, cioè la stessa validità della legge naturale per tutti. D'altra parte nella legge naturale stessa è anche fondata la limitazione interna dell'idea di uguaglianza. La diversità delle disposizioni e delle facoltà individuali e dunque dei compiti e posizioni sociali appartiene all'ordine naturale. E siccome l'ordine morale universale va realizzato dai singoli uomini sempre sotto presupposti individuali, non c'è un ideale di personalità morale standardizzato.

Anche per i popoli c'è soltanto una legge naturale uguale per tutti con cui però la diversità delle loro forme di moralità (Ethosformen) non viene esclusa, anzi sta in armonia. In forza delle loro disposizioni particolari e del loro stadio di sviluppo culturale, i singoli popoli sviluppano una diversità di forze e valori morali particolari46, come, per esempio, coraggio, purezza, fedeltà, sobrietà, laboriosità, parsimonia etc. Di nuovo viene fuori da questa diversità l'efficacia della legge naturale e la sua non-diversità, in relazione ai princípi fondamentali, nonché l'identità della coscienza elementare morale dell'umanità. Attribuire diversità di caratteristiche morali a singoli popoli è soltanto possibile se viene accettata l'unità della coscienza morale dell'umanità come uguaglianza della coscienza naturale.

II.2.8 Unità e multiformità nella legge naturale

La legge naturale è solto una sia per il campo individuale sia per il campo sociale, cioè per la personalità e per la cultura, per la famiglia e per lo stato, per lo stato e per la comunità dei popoli. La causa di quest'unità e unicità dell'ordine morale si trova nel fatto che la natura umana è soltanto unica (nur eine) e che la sua legge naturale condiziona la realtà piena e lo sviluppo pieno dell'umanità (Menschentum) nonché la vera cultura individuale e sociale. La legge morale naturale è dunque la legge fondamentale di tutti gli ambiti culturali di vita, dell'ambito spirituale, statale, economico, sociale, internazionale.

Per contro la massíma della "doppia morale" ci dice che vita pubblica e vita privata sottostanno a differenti princípi morali. Su questo fondamento abbiamo visto lo sviluppo del machiavellismo47 nel campo della politica, il liberismo economico di Manchester, l' "amore libero" nel campo sessuale, l'art pour l'art nel campo dell'estetica. Con il principio della "doppia morale", fini e valori dei singoli ambiti culturali ricevono una validità assoluta, cioè viene pretesa un'autonomia originaria assoluta collegata con l'indipendenza dalla legge morale universale. Messner ci ricorda che ogni sforzo culturale (Kulturstreben) perde il suo fine se si allontana dalla legge naturale. Vediamo così una crisi culturale perché questi sforzi culturali vengono effettuati a spese di fini esistenziali necessari per l'adempimento della natura umana.

Secondo l'etica giusnaturalistica c'è un'altra specie di autonomia, un'autonomia relativa. Certo il comportamento umano deve seguire le leggi specifiche (Sachgesetzen) della vita politica, economica, culturale che ci vengono dai fini particolari di questi ambiti. Infatti, il decalogo non ci dice niente su come vada costruita una fabbrica di scarpe oppure un gruppo industriale. Questa Sachgesetzlichkeit (= legalità specifica e relativamente autonoma dell'ambito considerato) causa infatti la pluriformità dei princípi morali per gli ordini sociali di vita nei differenti ambiti di cultura. Ma sono sempre i princípi dell'unico ordine morale indiviso (ungeschieden), diviso soltanto secondo la pluriformità della "natura della cosa" (Natur der Sache) negli ambiti singoli di vita, riferendosi sempre all'ordine naturale legato ai fini esistenziali e alle leggi specifiche (Sachgesetze) indicando i mezzi al servizio di questi fini. La stessa norma morale può pretendere differenti modi di comportamento.

Tollerare pazientemente un comportamento poco convienente di altri può essere un'alta virtù, per contro, l'educatore può essere costretto all'atteggiamento diverso di non tollerarlo. Oppure, gli interessi per un mutuo erano da ritenere contro la giustizia finché il denaro non possedeva la qualità di capitale e non fu indispensabile per l'adempimento dei fini sociali dell'economia.

Mentre il naturalismo moderno afferma l'autonomia assoluta negli ambiti della politica, dell'economia e della cultura, gli esponenti di un malinteso supra-naturalismo vogliono trasformare tutti gli ambiti di cultura incluse la politica e l'economia, in campi di un'etica fondata sulla rivelazione sovrannaturale e sulla religione. In realtà, tutti questi ambiti di scienza e attività devono soltanto rispettare la subordinazione dei loro particolari fini sotto l'ordine di fini della legge naturale, ma inoltre hanno il diritto, anzi l'obbligo di cercare le vie e i mezzi migliori per il raggiungimento dei loro fini. Mentre dunque il naturalismo vuol lasciare le causae secundae in una indipendenza assoluta dalla causa prima, dal creatore, il supra-naturalismo tende a disconoscere le relative autonomie fondate nelle causae secundae.48

Sotto questo titolo Messner ritiene necessario accennare anche due ambiti dell'unico ordine morale, cioè la misura piena e il minimo di moralità. Nel campo sociale è pretesa una morale minima, cioè quel minimo di moralità che va osservato da tutti i membri della società per rendere proprio possibile la vita sociale. La maggioranza degli obblighi della vita quotidiana esterna appartengono a questo campo. Questa "moralità sociale" è il legame più fortemente unificatore della società, e presenta uno degli indispensabili fondamenti della sua esistenza come essere comunitario (Gemeinschaftsgebilde) nonché della sua durata spirituale e fisica. Inoltre, questa moralità sociale, per la grande maggioranza delle persone, presenta anche un appoggio principale della loro moralità personale.

Nel campo personale, naturalmente, è posto come obiettivo una morale massima (Maximummoral), questo - come abbiamo già visto bene - a causa della vocazione dell'uomo alla piena realizzazione della personalità morale.

II.2.9 Immutabilità e variabilità nella legge naturale

Immutabilità della legge morale naturale significa per l'etica giusnaturalistica che da quando ci fu l'homo sapiens, non fu mai possibile uno scambio su ciò che è buono oppure cattivo. La natura umana con la sua essenza della persona non si cambia, neanche si può cambiare la verità direttamente riconoscibile. Questo è la costante nella natura e nell'esistenza umana che resta in tutti i mutamenti e tutte le trasformazioni.

D'altra parte si possono fare queste considerazioni sulla base dello sviluppo della coscienza morale dall'uomo arcaico fino ad oggi. Questo sviluppo, nel corso della storia di certi popoli, è caratterizzato dalla mancanza di alcuni princípi morali che noi invece riteniamo fondamentali per la cultura e la civilizzazione, ad esempio, il rispetto della dignità umana, la libertà di coscienza, la libertà della convinzione religiosa. L'etica giusnaturalistica tradizionale ha ritenuto, almeno nei più influenti rappresentanti, tale sviluppo come "naturale" in seguito al modo con cui la ragione umana in tutti gli ambiti di conoscenza procede dall'imperfetto al (sempre) più perfetto (Vollkommeneren). Certo gli uomini imparano anche nell'ambito morale grazie all'esperienza, cioè dagli effetti dei princípi da loro applicati e non per ultimo dagli effetti dei princípi sbagliati.

Siccome dunque l'idea dello sviluppo non può essere separata dalla natura e dalla legge naturale, c'è anche un vasto campo di variabilità. Primo: "Con lo sviluppo culturale nascono nuove pretese della legge naturale, la legge naturale stessa è dunque mutevole nella sua efficacia."49 Poi c'è un secondo modo di mutevolezza, per cui la trasformazione delle circostanze provoca differenti risultati nonostante l'applicazione di stessi princípi. Per esempio, l'amministrazione del diritto penale d'oggi si distingue da quella del medioevo che usava la tortura per raggiungere confessioni e la pena della mutilazione. In seguito ad altre possibilità della tutela della società dai criminali e in seguito anche ad altre conoscenze della sfera psicologica del delitto e del modo di trattare i detenuti, vi sono state delle trasformazioni.

C'è ancora un terzo modo di mutevolezza nella legge naturale: La coscienza morale di singoli popoli e dell'umanità nel complesso è soggetta allo sviluppo. Considerando la storia valutabile dell'umanità, non è la più debole prova per la forza operativa della legge naturale che nella lotta tra errore e verità si sa fare strada sempre di nuovo, certo non senza rotture e non senza rinnovati rimbalzi. Resta indifferente se le forze motrici sono uscite da singoli personaggi geniali oppure dall'esperienza in generale collegata alla tensione verso la fortuna oppure dalla ragione ricercatrice oppure dall'etica filosofica oppure dalle scienze sociali o movimenti sociali etc. Comunque, i fenomeni di carenza per Messner non vanno considerati come mutevolezza della legge naturale. L'accertamento di questi fenomeni già visti non significa accertare un mutamento della legge naturale stessa.

II.2.10 La legge naturale in rapporto alla
legge morale cristiana

Innanzitutto la legge morale cristiana si distingue dalla legge morale naturale attraverso il modo della rivelazione. La prima viene data all'uomo dalla rivelazione sovrannaturale, cioè la volontà del creatore viene comunicata attraverso la parola diretta di Dio; la seconda viene data dalla rivelazione naturale, cioè la volontà del creatore - come abbiamo già visto - viene comunicata attraverso la natura umana. Ma secondo il contenuto essenziale e proprio secondo la portata etica sociale, la legge morale cristiana trascende la legge naturale soltanto di poco. Nel decalogo, nei dieci comandamenti di Dio, come furono confermati e spiegati dalla dottrina di Cristo e degli apostoli, non viene prescritto di più che nella legge naturale stessa (tranne il terzo comandamento). E poiché l'etica di Cristo indica mire superiori della vita morale e religiosa, come nei consigli evangelici, c'è bisogno di una vocazione particolare. - La parola diretta di Dio ha una doppia portata per la cognizione morale: primo, l'uomo riceve la chiarezza e la certezza indubitabili concernenti le comprensioni della sua coscienza naturale; secondo, la rivelazione sovrannaturale assicura all'uomo la comprensione piena e chiara della sua natura vera, soprattutto in quanto l'uomo tende sempre a ritenere tutti i caratteri della sua natura come "naturali", mentre in realtà sono parzialmente conseguenza del danno alla sua natura da parte del peccato originale. E la rivelazione sovrannaturale informa l'uomo senza dubbio sul carattere spirituale della sua anima e della sua immortalità, su Dio quale il suo creatore, giudice e la sua ultima mira (sein letztes Ziel).

II.3 La natura della società e il bene comune

II.3.1 La natura sociale dell'uomo

L'uomo per natura è allo stesso tempo un essere sociale e un essere individuale. Questo ci viene da fatti che possono essere soltanto dubitati da una visione non aperta sulla realtà. Il primo fatto lo vediamo nella sua natura corporale - l'uomo è dipendente dalla famiglia per un periodo molto più lungo dell'animale. Ancora più incisiva è la dimostrazione dell'essenza sociale dell'uomo attraverso la sua natura spirituale. In ogni aspetto lo sviluppo vitale dello spirito è legato alla società. Questo sviluppo vitale dello spirito avviene individualmente e socialmente con un intreccio indistricabile. - Per rendere visibile concretamente la natura sociale dell'uomo, si deve partire dalla realtà dell'esperienza data dalla cultura e dalla persona. Ciò a cui è chiamato l'uomo attraverso la sua natura, cioè di formare un essere culturale e una persona piena (Vollperson), lo diventa solo attraverso la comunicazione e la cooperazione. In tutte le forme della comunicazione e della cooperazione, anche nel campo economico, partecipano decisivamente forze spirituali. Dalla comunicazione e dalla cooperazione di tante generazioni risulta un patrimonio oggettivo di conoscenze di verità e di valori, di idee e di costumi, di usanze nonché di mezzi esterni di controllo dell'ambiente, che sono tutti socialmente validi ed efficaci e formano così la forma di vita di un popolo in cui l'etnologia e l'antropologia culturale riconoscono l'essenza intima della cultura.50 - Dunque, la natura umana è mirata (angelegt) al completamento; è perciò fondata sulla socialità (Gesellschaftlichkeit). Infatti l'appetitus societatis (H. Grotius), l'impulso dunque a collegarsi socialmente (Trieb zu gesellschaftlicher Verbindung), forma uno dei più forti impulsi fondamentali, magari il più forte impulso della natura umana, perché nessun altro impulso può raggiungere la soddisfazione senza l'adempimento delle pretese di codesto uno. Attraverso questo impulso fondamentale la ragione spinge l'uomo ad un ordine d'essere sociale, che garantisce i presupposti di questo completamento. Così viene garantita la possibilità di esistenza pieno-umana per tutti secondo le pretese che si mostrano nei fini esistenziali. La natura dell'uomo intanto è natura sociale altrettanto come natura individuale, e perciò il fine sociale (Sozialzweck) stesso è uno dei fondamentali fini esistenziali. Tutti e due i lati sono collegati indissolubilmente: la natura individuale dell'uomo non si potrebbe sviluppare senza il collegamento sociale, e il collegamento sociale non potrebbe condurre l'uomo allo stato di cultura, se l'essere individuale non fosse di natura corporea-spirituale con i bisogni di questa natura, cioè con il suo tendere verso i valori.

II.3.2 Il fondamento d'essere (Seinsgrund) della società

Dobbiamo cercare il perché i singoli uomini hanno bisogno dell'integrazione reciproca e il perché sono (rispettivamente) capaci (a farlo). Certo è che gli uomini sono uguali nella loro natura essenziale con i fini esistenziali in essa preindicati alla responsabilità morale. Altrettanto certo è che gli uomini sono disuguali nella loro natura individuale in seguito alla dotazione differente di disposizioni e capacità. Grazie allo spirito umano, disposizione e inclinazione fondamentali della natura umana sono l' "auto-trascendenza". Ma essendo lo spirito sottomesso nella natura umana alle limitazioni della materia, vediamo la necessità dell'integrazione. Ma esattamente a causa dell'essenza fisica, la natura umana individuale è anche capace di integrazione, perché quest'unione di spirito e di corpo dà alla natura umana individuale la particolarità delle sue disposizioni individuali, e rende possibile il completamento reciproco. Grazie allora alla disuguaglianza delle forze nella natura individuale e grazie all'uguaglianza dei fini nella natura essenziale, gli uomini sono predisposti ad arrivare all'esistenza pieno-umana attraverso la cooperazione e la comunicazione.

La società dunque è il collegamento fra uomini al sostegno reciproco per raggiungere l'essere pieno-umano preteso dai fini esistenziali. Così raggiungono una efficacia più alta rispetto al totale degli sforzi individuali, considerando per esempio la protezione davanti al gangsterismo o i più grandi frutti del lavoro grazie alla divisione. La cooperazione sociale produce qualcosa di nuovo a cui partecipano tutti i membri della società in relazione all'adempimento dei loro fini vitali. La società è un'unità sovraindividuale. Il rango ontologico di ogni unità sociale particolare dipende dall'influsso necessario sull'esistenza pieno-umana. Perciò la famiglia è società in un senso più essenziale, cioè in un senso più pieno di essere, di un club di bridge, oppure il popolo più di una società per azioni. Per questa causa, società come il popolo o la famiglia sono più direttamente pretese da impulsi naturali e sono più indispensabili per l'essere pieno-umano di altre "società", cioè hanno il loro fondamento in fini esistenziali più vitali. La filosofia del diritto naturale ha dunque sempre affermato la differenza tra società "necessarie" o di natura (naturhaften), che possono essere nominate comunità in un senso particolare, e tra società "libere", che sono fondate su fini liberamente scelti.

II.3.3 Il fine e il compito della società: il bene comune

Il fine della società è l'aiuto di cui tutti hanno bisogno per l'adempimento auto-responsabile dei compiti di vita fondati nei fini esistenziali. Siccome questo aiuto viene reso possibile attraverso il collegamento di tutti i membri dell'unità sociale, ma altrettanto è necessario per tutti, si chiama bene comune oppure utilità comune (Gemeinnutzen) oppure bene sociale (Sozialwohl).51

Il bene comune è l'aiuto da rendere possibile per il singolo uomo attraverso la società. Ontologicamente e metafisicamente la natura si è mostrata bisognosa del completamento, ma si è mostrata allo stesso tempo pienamente destinata alla realizzazione auto-responsabile (eigenverantwortlich) dei fini esistenziali in essa preindicati. Messner presenta il seguente esempio: l'animale può essere mantenuto con tutto il necessario, senza che la realtà piena pretesa dalla sua natura sia danneggiata. Per contro, non è semplicemente così per l'uomo, perché l'essere pieno-umano è legato essenzialmente all'autoresponsabilità e all'autoefficacia (Eigenwirksamkeit), cioè si tratta di una persona. Da ciò segue che il bene comune, certamente fondato sul bisogno e sulla possibilità del collegamento degli individui, non consiste primariamente nel concentramento (Zusammenfassung) pezzo per pezzo di beni e prestazioni (Leistungen) in un fondo comune, e neanche consiste nella semplice distribuzione di beni dalle riserve di un tale fondo. "Il bene comune consiste piuttosto nella possibilità di adempiere con autoresponsabilità e con forze proprie i compiti di vita preindicati nei fini esistenziali ai membri della società, possibilità da raggiungere attraverso il collegamento sociale."52 Il bene comune, dunque, può essere soltanto il sostegno per il detto fine, e come tale non può diventare piena realtà se ne viene desiderato di più.

Dalla natura della società ci viene un'altra conseguenza. Il concetto del bene comune indica una realtà determinata dall'essere e non lasciata alla volontà arbitraria. Nei suoi aspetti fondamentali questa realtà è determinata metafisicamente e ontologicamente dalla natura umana con il suo bisogno e la sua capacità di integrazione in rapporto all'adempimento delle pretese dell'esistenza pieno-umana di tutti i membri della società. Soltanto dentro questo quadro di ordine naturale preindicato e nel suo ordine dei fini resta l'elaborazione e la progettazione alla volontà e all'arbitrio della società. Ma questo compito resta infatti l'oggetto delle volontà e delle tensioni comuni dei membri della società verso i valori. Specialmente i mezzi per la realizzazione dell'utilità comune, il loro modo e la loro applicazione, sono oggetti di questa volontà. L'unica pretesa dentro questo quadro è che i mezzi non siano contrari ai fini esistenziali.

Dalla causa d'essenza della società e dal suo ordine d'essere ci vengono anche le due funzioni fondamentali del bene comune. La prima consiste nella difesa dagli imminenti disturbi che hanno l'origine nelle basse inclinazioni impulsive (niedrigen Triebanlagen) della natura umana e che possono minacciare l'ordine di convivenza che offre i presupposti per l'esistenza pieno-umana. Appartiene a questa funzione soprattutto l'assicurazione dei membri della società contro l'impedimento dei loro compiti di vita da parte di altri - soltanto attraverso la cooperazione sociale questi impedimenti possono essere respinti. Questa funzione presenta la fondazione dell'ordine di pace essendo una funzione in un certo senso negativa, soprattutto attraverso il diritto che ha un potere di coercizione (Zwangsgewalt) verso i membri asociali della società.

La seconda funzione pienamente positiva concerne la possibilità dell'esistenza pieno-umana per i membri della società e presenta la fondazione per l'ordine del benessere (Wohlfahrtsordnung). Qui il singolo uomo è legato molteplicemente a diverse unità sociali per il raggiungimento del suo essere pieno-umano. Nella causa ontologica e nell'ordine ontologico della società stessa troviamo dunque una molteplicità di fini esistenziali sociali ai quali è collegato lo sviluppo psichico, spirituale, morale, religioso, culturale, economico e sociale. Dobbiamo pensare qui non soltanto allo stato e alla comunità politica, ma altrettanto alla famiglia, al popolo, alle comunità di vicinanza e di professione, alla comunità religiosa e alla comunità internazionale.



II.4 L'origine e l'essenza del diritto

II.4.1 L'origine del diritto

Il diritto è l'ordine del comportamento determinato da fini (zweckbestimmt) nell'ambito dei rapporti interpersonali.53 Un gruppo di fini si mette in risalto perché questi fini vanno perseguiti a causa della responsabilità morale. Come abbiamo già visto, i fini possono essere preindicati nella natura umana, cioè possono essere fini esistenziali che fondano precise responsabilità. Alla realizzazione di questi fini l'uomo è moralmente obbligato. Fini esistenziali fondano responsabilità per ognuno; causano pretese con la possibilità di adempierli, in primo luogo per l'esclusione di impedimenti da parte di altri, detto con altre parole, questi fini causano competenze per un comportamento autonomo (Selbstbestimmung). E queste competenze (Zuständigkeiten) sono diritti. "Il diritto ha dunque la sua origine nei fini esistenziali dell'uomo."54

Soggetti di diritto (Rechtsträger) sono singole persone e anche persone comunitarie (Gemeinschaftspersonen), perché il bene comune, essendo esso stesso un fine esistenziale dell'uomo, è causa di responsabilità della comunità stessa e le dà un ambito di propria efficacia in forza di questo fine. In un vero senso - dice Messner usando una parola famosa di R. v. Ihering - il fine è il creatore del diritto. Nella fondazione del diritto vediamo dunque un lato di essenza teleologica della etica giusnaturalistica tradizionale. Con i fini esistenziali ci appare la responsabilità come concetto che collega l'etica e la filosofia di diritto: la responsabilità morale imposta dai fini esistenziali fonda le originarie facoltà giuridiche individuali e sociali. Essendo uno scopo della cooperazione sociale l'assicurazione degli ambiti individuali e sociali di autonomia contro lesioni esterne, troviamo legata già all'origine del diritto la coercibilità. Messner così ricapitola: "I fini che sono preindicati nella natura umana sono fonte di responsabilità per i singoli uomini e per la comunità e così fonte di pretese all'adempimento non ostacolato di queste responsabilità nonché alla protezione di queste pretese, se necessario, attraverso la forza."55

Poiché è il creatore che assegna queste responsabilità al singolo uomo e alle comunità attraverso i fini preindicati nella loro natura, il diritto alla fin fine ha la sua origine in Dio. In questo senso si parla del "diritto naturale e divino" quale stessa cosa. Una tale affermazione non trascende il limite (Grenze) della filosofia del diritto, finché non venga dedotto il diritto direttamente dalla volontà divina.

II.4.2 L'essenza del diritto

II.4.2.1 Introduzione

Abbiamo già un concetto generale dell'essenza del diritto: il diritto è ordine delle competenze ad agire secondo autodeterminazione. Il diritto nella sua essenza fondamentale è autorizzazione e facoltà ad un comportamento. E poiché si tratta di autorizzazione, ogni diritto è un modo di signoria (Herrschaftsmacht). Inoltre, il diritto è sempre un ordine di delimitazione reciproca delle competenze nonché un ordine di garanzia del comportamento in forza di queste competenze da osservare da parte di tutti verso la persona autorizzata dalle stesse competenze. Questo comportamento preteso è quello interpersonale nonché quello della convivenza sociale, dunque, il diritto è di natura sociale. Le competenze date dal diritto nascono con le responsabilità collegate ai fini esistenziali dell'uomo, sono determinate perciò contenutisticamente. Messner dà perciò una definizione più stretta: "Il diritto è l'ordine dei rapporti sociali in armonia con i fini umani esistenziali."56

Nell'esposizione di Messner, i diritti originari sia individuali sia sociali sono limitati non soltanto esteriormente, ma, secondo la loro essenza, sono limitati interiormente. Primo, perché la signoria in cui consiste un diritto non va al di sopra del fine in cui si fonda la signoria. Il diritto al libero esercizio della religione non autorizza l'uomo a forzare altri contro la loro convinzione di seguire il proprio esercizio del culto. Secondo, i diritti sono limitati in seguito al rispettare diritti di altri che si fondano nei medesimi fini esistenziali di tutti. Il diritto di autoconservazione non autorizza mai all'uccisione diretta di un altro, neanche nel caso di pericolo estremo (si pensi per esempio a due uomini naufragi non avendo alimentari sufficienti). Terzo, tutti i diritti hanno una relazione indissolubile con l'ordine della società nel complesso, perché la realizzazione di fini esistenziali è possibile soltanto nel collegamento sociale: anche per quanto le singole facoltà di diritto rappresentano signoria, tutto il diritto è di essenza sociale per cui sia esclusa la validità di qualsiasi diritto senza obbligo sociale, cioè con un limite soltanto in sé stesso. "Risultato: Non c'è nessun diritto assoluto (incondizionato) del singolo uomo o di una comunità."57

Essendo fondati nelle responsabilità morali, i diritti naturali sono inviolabili e inalienabili. L'esercizio dei diritti può essere impedito, ma questo non elimina i diritti stessi: sono inviolabili. I genitori non possono rinunciare al diritto di educare i loro bambini. Possono soltanto delegare questo compito essenziale ad altri, in parte o pienamente, ma la loro responsabilità e il conseguente diritto stesso sono inalienabili. Così vediamo subito il doppio rapporto del diritto verso l'obbligo. Primo, diritti sono collegati con obblighi che si radicano nei fini che stanno alla base di questi diritti. Secondo, i diritti del singolo uomo danno l'obbligo a ciascun'altro uomo di rispettarli.

Il diritto racchiude così poteri giuridici, cioè pretese fondate su diritti, e obblighi giuridici, cioè obblighi con riferimento a pretese giuridiche. Si tratta di obblighi di giustizia la cui specifica essenza si trova nella possibilità di forzare al loro adempimento. Perciò l'ordine della società consiste fondamentalmente in rapporti giuridici. Come signoria nel senso di una facoltà giuridica, ogni diritto causa un soggetto giuridico possedendo la signoria, e causa anche un oggetto giuridico su cui il soggetto giuridico può esercitare la sua signoria. Soggetti giuridici possono essere persone naturali o persone comunitarie. Oggetti giuridici possono essere cose o servizi di persone. Nel senso del diritto "cose" sono quegli oggetti giuridici sui quali è lecito una signoria illimitata. Quanto alla persona in una società con una coscienza giuridica pienamente sviluppata, diritti possono soltanto fondare pretese a servizi e questo soltanto in quanto non si oppongano a fini esistenziali. Il proprio sé rimane naturalmente oggetto giuridico dell'uomo, nel suo diritto al suo corpo, alla sua libertà di movimento, alla sua forza lavorativa etc.

II.4.2.2 L'essenza morale del diritto

Essendo fondato nei fini esistenziali umani, il diritto è di essenza morale. Dopo aver trovato il più alto principio giuridico (l'ordine dei rapporti sociali in armonia con l'ordine dei fini esistenziali) abbiamo visto che il diritto è legato alla responsabilità morale dell'uomo. "La diretta coscienza morale-giuridica stessa dell'uomo gli insegna circa le pretese fondamentali dell'ordine sociale dei rapporti attraverso la legge morale naturale, la comprensione naturale dei princípi morale-giuridici più generali attraverso la coscienza"58. La coscienza naturale non è soltanto coscienza di obbligo e di valore, ma nel senso più proprio è coscienza giuridica. Sappiamo già che all'apriori giuridico della legge morale naturale appartengono princípi come i seguenti: suum cuique tribuere; non fare ad altri ciò che tu non vuoi che ti venga fatto; si obbedisce all'autorità legittima; i malfattori sociali vanno puniti; pacta sunt servanda. Questi princípi fondano gli stessi diritti fondamentali della persona umana, il potere di comandare dell'autorità legislativa, il diritto al conseguimento dell'ordine giuridico con la forza, la validità di diritti contrattuali come presupposto della cooperazione sociale nell'economia nazionale e nella comunità internazionale (diritto internazionale).

La conoscenza immediata dell'apriori giuridico come parte della legge naturale ci mostra un doppio carattere essenziale per il diritto. Primo, per l'uomo con ragione pienamente sviluppata è direttamente riconoscibile che il ledere diritti di altri è moralmente sbagliato. Secondo, per ognuno possedendo diritti è direttamente riconoscibile che può pretendere un comportamento di altri il quale non dipende soltanto dalla loro volontà buona. L'apriori giuridico non lascia nessun dubbio che in questo senso diritti significano autorizzazioni. Inoltre è chiaro che l'apriori giuridico - esattamente come l'apriori morale - contiene soltanto princípi generali e non contiene un sistema di norme dettagliate oppure un sistema giuridico valido per tutti i tempi. L'apriori giuridico abilita alla comprensione degli obblighi giuridici particolari sotto condizioni semplici, cioè alla comprensione dell'ordine sociale nei suoi rapporti fondamentali.

"I supremi princípi giuridici sono pertanto questa parte della legge naturale che si riferisce all'ordine sociale."59 Questa parte della legge naturale chiamiamo ius naturale (= diritto naturale = Naturrecht = droit naturel) a differenza della lex naturalis (= legge naturale = Naturgesetz = loi naturelle). Nella lingua inglese abbiamo il problema che natural law può significare entrambe le cose. Il diritto forma così il minimo di moralità che è necessario per la conservazione (Bestand) della società.60

Dall'essenza morale del diritto risultano le seguenti conclusioni:

1. In forza della sua fondazione sulla legge naturale come fonte, e conseguentemente sul dovere, il diritto naturale è fondamentalmente una quintessenza di norme. La responsabilità morale risulta filosoficamente come concetto congiuntivo che conduce dalla moralità al diritto: i fini esistenziali accertati dalla natura umana sono oggetto di obbligo morale e perciò sono collegati con la pretesa alla possibilità del loro adempimento attraverso un ordine dei rapporti interpersonali e sociali che garantisce questa possibilità.

2. Vero diritto non può esistere in contrasto con la legge morale naturale. Se una legge giuridica non è conciliabile con fini esistenziali dell'uomo sta in contrasto con l'essenza morale del diritto. Perciò la dottrina giusnaturalistica ha sempre ricordato che il potere di legiferare è usurpato nel caso del contrasto con questi fini. In quel caso manca la vera fondazione di diritto, non si fonda un obbligo morale di obbedire, e la resistenza è moralmente legittimata.

3. Differente dal precedente caso di diritti arrogati è il caso dell'abuso di veri diritti. Questo abuso consiste nell'esercizio di un diritto ad un fine che si oppone al suo fine proprio (inneren Zweck) o alla legge naturale. Tale abuso non elimina il diritto, ma il suo esercizio può essere limitato se i diritti di altri vengono lesi. La ragione per cui l'abuso non elimina il diritto stesso risiede nella funzione essenziale del diritto, cioè di garantire la possibilità dell'esercizio di responsabilità morale propria e di garantire così ambiti di libertà. Altrimenti sarebbe eliminata la possibilità alla responsabilità propria. Naturalmente, ogni esercizio di diritti che lede diritti di altri o della comunità è sempre sottoposto alla possibilità della restrizione forzata. La validità ulteriore di diritti abusati non significa che l'uomo avrebbe un "diritto" a comportamenti contro la legge morale. L'uomo ha soltanto un diritto alla protezione davanti a violazioni di altri in ambiti della sua responsabilità morale. La parte molto più grande della vita morale troviamo nel campo privato, fuori il campo giuridico che è limitato a ordinare rapporti sociali.

4. Diritti nel senso proprio sono perciò anche differenti dai "diritti di Dio", dai diritti del creatore verso le creature. S. Tommaso non lascia nessun dubbio riferendosi a Cicerone: "Justitia ea ratio est, qua societas hominum inter ipsos et vitae communitas continetur."61

II.4.2.3 L'essenza peculiare (arteigen) del diritto

La peculiarità del diritto troviamo nel fatto che è una regola del comportamento esterno e concede un'autorizzazione al raggiungimento del preteso comportamento attraverso l'uso della forza. Così, il diritto si distingue dalla moralità sotto quattro aspetti: Primo, il diritto si riferisce soltanto a comportamenti esterni della vita sociale; secondo, si riferisce a obblighi determinati del contenuto; terzo, autorizza al conseguimento del comportamento ne preteso con la forza; e quarto, autorizza la società a stabilire norme per fondare la sicurezza giuridica.

1. Il diritto riguarda soltanto il comportamento esterno, ma non riguarda l'intenzione interiore che è essenziale per il comportamento morale. L'ordine sociale che forma il fine del diritto è garantito se il comportamento esterno dei membri della società sta in armonia con gli obblighi giuridici, anche se la perfezione dell'ordine pubblico dipenderà pure dall'intenzione interiore degli uomini.

2. Diritti sono pretese, determinate del contenuto, di persone singole e di persone comunitarie. Fondano così obblighi determinati del contenuto per tutti gli altri, cioè di corrispondere a queste pretese. Diritti sono determinati secondo il modo e la misura, cioè come un suum (ciò che compete a qualcuno). Il suum può avere una causa giuridica del diritto naturale (per esempio una pretesa dei diritti umani), del diritto contrattuale (per esempio un accordo di prestazione e contraccambio) o del diritto positivo.

3. Il comportamento esterno preteso dal diritto deve essere garantito per poter conservare l'ordine sociale. Perciò, con il diritto è collegato essenzialmente, come compito della cooperazione sociale, l'autorizzazione alla garanzia di questo comportamento attraverso forza fisica. Qui S. Tommaso e Hegel concordano che l'autorizzazione all'uso della forza è un elemento essenziale del diritto in faccia al comportamento illegale di membri sociali. Però, la forza non è l'elemento unico e fondamentale del diritto; sarebbe sbagliato prendere come essenza del diritto una conseguenza che si mostra soltanto sulle vie traverse della ingiustizia.62 La coscienza giuridica non ha nessun dubbio che un diritto è un diritto anche se manca la possibilità al conseguimento con la forza. Egualmente non c'è nessun dubbio che ogni diritto include la facoltà giuridica al conseguimento di un certo comportamento con la forza. Tutte e due princípi appartengono all'apriori della coscienza giuridica dell'uomo. Inoltre, c'è la terza conoscenza aprioristica che l'esercizio di questa facoltà giuridica al conseguimento con la forza non è il compito del singolo, ma normalmente del potere sociale di ordine. La funzione stessa del diritto, la fondazione e garanzia dell'ordine sociale, esclude l'uso della forza da parte dei membri sociali per l'assicurazione dei loro diritti. Soltanto nel caso in cui non sia possibile di rivolgersi all'autorità il diritto legittima un uso diretto della forza purché non vengano lesi più alti diritti di altri. Adesso è chiaro che la coercibilità è essenziale per il diritto, ma non è essenziale l'esercizio della coercibilità in circostanze aggravanti. Per questo sarebbe sbagliato di disconoscere al diritto naturale l'essenza del diritto nel caso in cui nessun potere fisico garantisse il riconoscimento dei princípi del diritto naturale. In uno stato totalitario alcuni cittadini perdono l'esercizio dei loro diritti, ma non perdono i diritti stessi. E perciò i diritti naturali sono diritti nel senso pieno e proprio.

4. Il diritto è finalmente destinato alla fondazione della sicurezza giuridica, compito della società nel determinare l'ordine giuridico (diritto consuetudinario o le leggi - Gesetzesrecht) per rendere possibile una conoscenza sicura delle facoltà e degli obblighi giuridici. Sicurezza giuridica significa che i membri sociali possono essere sicuri di avere la copertura dalla volontà del legislatore nonché di essere protetti dalla discrezione di giudici. Anche qui, la sicurezza giuridica effettiva non è l'unico ed esclusivo carattere essenziale del diritto. Anche se l'amministrazione della giustizia viene strumentalizzata da un partito unico di uno stato totalitario - il diritto resta diritto.

II.5 Il diritto naturale

II.5.1 Definizione e contenuto del concetto

Dopo aver presentato l'essenza morale e peculiare del diritto, Messner stesso dà una risposta ben visibile alla domanda "Che cos'è diritto naturale?" Diritto naturale è tanto un patrimonio giuridico (Rechtsbestand) quanto una scienza:63

I. Diritto naturale come patrimonio giuridico:

1. È una quintessenza di norme giuridiche, precisamente della coscienza giuridico-morale naturale con la sua conoscenza dei più generali princípi sul diritto e sul torto, cioè dei princípi della giustizia.

2. È una quintessenza di diritti originari, fondati nelle norme summenzionate nel punto 1. Come tali sono diritti del singolo uomo e delle comunità naturali, riconoscibili negli ambiti di responsabilità, i quali sono assegnati loro dalla natura, considerando le concrete circostanze.

II. Diritto naturale come scienza, includendo la filosofia del diritto e l'etica del diritto:

1. Deve sondare e fondare l'essenza e il criterio di diritto e giustizia.

2. Deve applicare i princípi generali del diritto naturale negli ambiti di vita sociale, culturale, statale, economica e internazionale, con l'obiettivo di elaborare le pretese della giustizia in questi ambiti.

Per Messner risulta come concetto: "Il diritto naturale è l'ordine delle competenze (facoltà) proprie, individuali e sociali, che sono fondate nella natura umana con le sue responsabilità proprie."64

La definizione di Messner sottolinea egualmente i due lati dell'ordine della natura: diritto naturale è da una parte il preteso dalla natura come ordine dell'essere, cioè il preteso attraverso la "natura della cosa" (la natura dell'ambito specifico - Natur der Sache); d'altra parte è il preteso dalla natura come ordine della ragione, cioè il preteso attraverso l'originaria coscienza giuridico-morale, propria alla natura. Il primo lato possiamo chiamare anche il campo oggettivo del diritto naturale, il secondo lato possiamo chiamare anche il campo soggettivo del diritto naturale senza dimenticare che la coscienza giuridica stessa fa parte della natura oggettiva in un senso generale.

Il pensiero giuridico vede specialmente due caratteri essenziali del diritto: la fondazione del diritto e la garanzia del diritto. Tutte e due caratteri essenziali sono propri anche al diritto naturale. Come legge di fondazione vediamo la legge di coscienza, cioè la legge morale naturale; il potere garante è la costrizione della coscienza. Secondo ambedue i caratteri non sembra contestabile l'essenziale carattere giuridico del diritto naturale. Certo, le norme giuridiche date nella legge naturale (legge di coscienza) hanno un'indole molto generale. Però, anche le norme giuridiche dell'ordine giuridico statale hanno un'indole generale. L'ordine giuridico statale non può offrire o prevedere una norma concreta per ogni singolo caso. È vero che i concetti del diritto statale formato da leggi sono più concreti essendo formati in faccia alle concrete circostanze storiche e sociali. Vista questa generalità delle norme, in realtà non troviamo una differenza essenziale, ma soltanto una differenza di grado.

Come diritto naturale assoluto (incondizionato, primario) viene denominato il nucleo "costante" del diritto naturale che è immutabile perché concerne gli atteggiamenti fondamentali (i valori fondamentali) normativi per il vero essere umano. - Il diritto naturale variabile o relativo (applicato, secondario) consiste nel modo concreto di validità dei princípi generali del diritto naturale che è condizionato dalle circostanze sociali e storici del momento. - Il diritto naturale "sotto il peccato originale" è il diritto naturale applicato in faccia alle conseguenze del peccato originale sulla cognizione e sulla volontà e con la competenza ampliata del potere statale di ordine in riferimento al legiferare (Rechtssetzung) e al potere di forza (sicurezza giuridica).65

II.5.2 La realtà e la conoscenza del diritto naturale

Contro il diritto naturale come realtà c'è una serie di obiezioni: che conterrebbe soltanto proposizioni o princípi formali senza contenuto; che in esso non sarebbero date vere proposizioni giuridiche o di validità assoluta; che non si potrebbe parlare di una coscienza giuridica comune dell'umanità. Per Messner seguono quattro domande importanti: Che cos'è il diritto naturale secondo la sua realtà? Come avviene la sua cognizione o conoscenza? Può essere fondata la sua realtà? Se sì, è questa realtà secondo il suo origine più di un'apparizione di sviluppo?

Considerando l'esperienza stessa, per Messner ci sono false formulazioni delle domande che conducano poi a risposte false. Infatti, la cognizione razionale e la conoscenza oggettiva ("della cosa" o "delle circostanze") stanno indissolubilmente all'origine della conoscenza dei princípi giuridici elementari, come abbiamo già visto nella parte fondamentale sulla legge naturale. La legge naturale ci si mostra come unità indissolubile nel suo modo d'effettuarsi: facoltà di conoscenza e facoltà di impulso (inclinazione impulsiva - Triebanlage), natura razionale e natura oggettiva (natura della "cosa" - Sachnatur), ordine della ragione e ordine dell'essere. L'impulso fondamentale all'esistenza pieno-umana, raggiungibile soltanto nella vita della comunità (= l' "impulso alla felicità" spingendo verso la realizzazione del bene individuale e del bene comune), non lascia alla discrezione dell'uomo se vuole riconoscere o no (einsehen) che cosa sia oggettivamente giusto o ingiusto. Messner qui, considerando l'efficienza della legge naturale, sottolinea la natura dell'uomo come essere familiare: che l'uomo è intensamente legato alla comunità familiare per la sua piena realizzazione.

È la natura stessa dell'uomo che spinge ad un ordine di convivenza nella comunità familiare il quale rende possibile un'esistenza umana per tutti. Questo non è un risultato di comprensioni teoriche sulla natura umana, ma c'è l'esperienza dell'uomo su ciò di cui ha bisogno per essere contento nelle più importanti esigenze fisiche e psichiche. Tutti gli esseri tendono al benessere attraverso la soddisfazione dei loro impulsi e bisogni fondamentali. È un pensiero fondamentale della dottrina giusnaturalistica tradizionale che la natura dell'uomo non opera differentemente. Però, questo pensiero non è stato esaminato sufficientemente a fondo, soprattutto non dalla scolastica posteriore. Per Messner questo pensiero è decisivo perché ci conduce fuori il puro modo di pensare astrattamente (rein abstrakte Denkweise) e assegna la piena validità al principio di conoscenza omnis cognitio incipit a sensibus anche nell'ambito della ragione pratica.66

Così vediamo (di nuovo) subito il nesso diretto tra la comprensione dei princípi giuridici elementari (valori) con la comprensione dell'ordine dell'essere. Essendo collegate ambedue le comprensioni indissolubilmente, l'uomo può comprendere gli elementari princípi di ordine della sua esistenza sociale e si vede dunque spinto ad applicare questi princípi di ordine anche nella vita sociale più grande. I primi passi della volontà di ordine sociale, a cui viene spinto l'uomo dalla sua natura stessa, mostrano che i princípi elementari morali e giuridici vengono conosciuti e imparati sempre con un determinato contenuto. Questi primi passi si realizzano nella società originaria, cioè nell'unione della famiglia e del tribù. Come modo d'effettuarsi della legge naturale (nel suo doppio significato: conoscenza e impulso) si sono così dimostrati fortemente gli impulsi naturali dell'amore, della stima reciproca, della benevolenza reciproca nonché del volere il bene di tutti e della comunità nel complesso, del bene comune. Il risultato per Messner è chiaro: l'opinione di un'essenza solamente "formale" o vuota (di contenuto) dei più alti princípi del diritto naturale è una costruzione teorica, riferendosi ad un'idea dell'uomo contraria alla realtà. Infatti, queste proposizioni possiedono già un determinato contenuto con i primi passi dell'uomo nell'esistenza sociale.

Dopo aver sondato la realtà del diritto naturale, Messner formula il risultato: "Diritto naturale è ordine di esistenza, ordine fondamentale per l'esistere dell'uomo quale uomo, nel più vero e pieno senso di 'esistere'; è l'ordine le cui pretese nel loro determinato contenuto l'uomo diventa cosciente con questo esistere, secondo il principio che tutta la conoscenza è condizionata dall'esperienza, anche quella dei princípi della ragione giuridica come parte della ragione pratica. Comprese così, queste pretese vengono capite dalla ragione pienamente sviluppata nella loro universale verità in sé certa e nella loro universale validità vincolante."67

Per Messner seguono due fatti fondamentali per la dottrina giusnaturalista:

1. Gli elementari princípi del diritto naturale (i valori umani fondamentali) non sono messi dentro la natura né da un'interpretazione ideologicamente preconcetta né da un sistema di valori condizionato storicamente e culturalmente. Questi princípi sono "accertati" dalla natura stessa dell'uomo, precisamente come i princípi dell'ordine di esistenza, preteso e imposto dalla natura per la vita sociale.

2. Ciò che l'uomo impara sin dall'inizio nella comunità familiare a causa del modo d'effettuarsi della legge naturale, cioè di vivere le semplici verità giuridiche con certezza oggettiva e di comprenderle in relazione con la conoscenza della "natura della cosa" (Natur der Sache), ciò continua come modo d'effettuarsi della legge naturale nello sviluppo ulteriore della coscienza giuridica e della volontà giuridica. Ognuno sa dalla propria coscienza che questo vale, primo, per la coscienza giuridico-morale del singolo conducendo alla chiarezza sul diritto e sull'ingiustizia in tutte le semplici situazioni perché sin dall'inizio è stata formata attraverso la conoscenza della "natura della cosa" e può applicare conseguentemente il principio generale. Questo vale, secondo, anche per lo sviluppo storico. La storia del diritto e la storia della società portano la prova chiara: avevano quasi l'uguale importanza sia l'impulso naturale al raggiungimento di una misura fondamentale di benessere sia la conoscenza naturale dei princípi più generali di giustizia. Con ciò Messner naturalmente non afferma che questo effetto della legge naturale di condurre all'ordine del diritto naturale sia perfetto.

Quasi tutto nel mondo sottosta ad un'evoluzione e neanche il diritto naturale può formare un'eccezione.68 Si sviluppa primo la coscienza del diritto naturale, secondo l'applicazione del diritto naturale e terzo la dottrina del diritto naturale come scienza. La forza decisiva per quest'evoluzione è il tendere di strati socialmente svantaggiati all'adattamento dei loro presupposti della vita a quelli dei gruppi privilegiati. I principali ostacoli a questa evoluzione formano l'interesse e il potere di gruppi dominanti, la possibilità di errori della ragione umana e la possibilità di perversione (Abwegigkeit) della predisposizione impulsiva (Triebveranlagung) dell'uomo, fattori tutti questi essendo in realtà conseguenze del peccato originale. Una conseguenza dell'evoluzione del diritto naturale è che c'è diritto naturale nello stato di diventare, un'altra conseguenza è la storicità di vasti campi del diritto naturale. Il passo più grande nell'evoluzione del diritto naturale abbiamo visto dopo la seconda guerra mondiale nella sua fondazione sulla dignità umana. La dignità umana è stata menzionata sempre sin dall'ingresso del cristianesimo nel mondo, ma non venne visto come principio universale di ordine sociale. Questo è stato raggiunto almeno teoricamente nel preambolo della dichiarazione dei diritti umani (1948) attraverso l'ONU. Così la dignitá umana viene fatta risalire al fatto che l'uomo è dotato di ragione e coscienza. La stessa fondazione dà B. GIOVANNI XXIII nella sua enciclica Pacem in terris (1963)69, aggiungendo come fondazione più forte per il cristiano l'essere ad imaginem Dei e la filiazione divina grazie alla redenzione.

Con lo sviluppo della coscienza giuridica e del tendere verso il diritto vengono chiarite le conoscenze fondamentali degli obblighi e delle pretese concernenti il rispetto davanti alla vita e all'integrità fisica del singolo, il tenere la parola data, la non-violazione del buon nome di altri, la non-violazione della proprietà correttamente acquistata, l'onestà nell'osservanza di accordi su prestazione e contraccambio, il potere di comandare preteso dall'ordine e dalla pace della comunità, la necessità dell'esercizio forzato per conservare e garantire le pretese e gli obblighi menzionati (inclusa la punibilità di offese fatte), l'adeguatezza della pena secondo il fatto e la misura della colpa nel torto fatto. Finalmente si forma anche la comprensione del più generale principio giuridico suum cuique come vincolante moralmente e giuridicamente che include tutte le menzionate pretese di giustizia.70

Le forme del diritto naturale applicato, che si trova presso tutti i popoli in seguito alle stesse disposizioni naturali ed esperienze nello sviluppo degli ordini sociali secondo l'ambito del diritto civile e secondo l'ambito del diritto internazionale, formano lo Ius gentium, il diritto comune degli uomini (gemeinmenschlich). Diritto naturale applicato è per gran parte il diritto positivo. Primo, perché l'autorità statale (il legislatore oppure il governo) deve dichiarare il contenuto certo comprensibile per la ragione, affinché vengano esclusi errori (per esempio i divieti dell'assassinio, del furto, della violazione del contratto in seguito al principio pacta sunt servanda etc.). Secondo, perché deve dare o negare costitutivamente validità giuridica a modi di comportamenti o istituzioni sociali che per se sono giusti o ingiusti, ma soltanto in seguito alla determinazione di leggi, ma che sono indispensabili per la sicurezza giuridica, per l'amministrazione della giustizia e per la pace. Questi regolamenti rappresentano la più grande parte del diritto positivo (diritto civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale). Terzo, perché l'autorità statale ha in più l'obbligo e il diritto della decisione e della disposizione su tutto ciò che è preteso dal bene comune, tra cui anche questioni di opportunità (per esempio il codice della strada).71

Nel 1980 Messner ha dato anche uno sguardo globale sul concreto diritto naturale di oggi.72 Innanzitutto dobbiamo menzionare i diritti umani che sono dati all'uomo con la sua ragione e la sua coscienza morale. La coscienza l'informa su obblighi morali la cui adempimento deve garantire il diritto attraverso la garanzia dell'ambito necessario di libertà. Dovunque nella società consistano obblighi morali ci sono fondati diritti naturali, così per il singolo uomo verso lo stato, per la comunità familiare, per lo stato (bene comune), per il rapporto delle comunità politiche (pace), per la comunità dei popoli. Dentro il fine del bene comune (Gemeinwohlzweck) c'è una serie di diritti naturali e obblighi naturali dello stato, così il diritto alla tassazione; il diritto al sostegno della formazione necessaria secondo l'interesse generale; il diritto al potere sovrano sulla proprietà privata secondo le chiare pretese del bene comune; il diritto allo svolgimento di misure pretese dal bene comune in tempi di necessità; il diritto all'essere membro nella comunità organizzata dei popoli; il diritto alla revisione di contratti che non sono più conciliabili con le pretese della giustizia; il diritto alla possibilità di usare i processi giuridici creati dalla comunità dei popoli nel caso di controversie con altri stati se le trattative diplomatiche falliscono; il diritto all'accesso ai mercati e alle materie prime sotto uguali condizioni con altri stati; il diritto alle proprie ricchezze del sottosuolo (senza sfruttamento ingiusto da parte di altri stati o da parte di poteri economici).

II.5.3 Differenze (dell'esposizione di Messner) in rapporto alla
dottrina tradizionale

Johannes Messner si riferisce sempre ai grandi rappresentatori della dottrina giusnaturalista tradizionale, però allo stesso tempo ritiene che presso S. Agostino, S. Tommaso e nella scolastica questioni essenziali sono state rimaste aperte.73 E così troviamo infatti novità oppure differenze, giudizio questo anche dipendente dalla vista del lettore.

S. Agostino sa bene che il più alto principio morale definito come il suum cuique tribuere non dice niente che cosa sia questo suum. Per risolvere questa difficoltà lui prende una via doppia: da una parte si aiuta con il principio evidente ne aliquid quisque alteri, quod pati ipse non vult. Ma anche questo principio non esemplifica quali sono gli originari princípi naturali proprii del singolo. Dall'altra parte S. Agostino pone l'ordine morale in riferimento all'ordine dell'essere e vede che lo iustum si fonda ut omnia sint ordinatissima.74 Così pensa alla scalinata delle perfezioni dell'essere, con il summum bonum come la più alta, e in questo modo S. Agostino si riferisce di nuovo soltanto alla legge eterna e alle verità eterne nella nostra anima.75 Nonostante ciò Messner vede nello stesso S. Agostino alcuni accenni di una interpretazione come Messner stesso la prova a dare, e così le novità del nostro autore non sarebbero differenze nel senso proprio.

Soprattutto Messner vede un primo accenno nell'importanza del bene comune in S. Agostino concernente la questione di riconoscere i più alti princípi del diritto.76 Trascendendo Cicerone nel suo pensiero la famiglia entra nel centro. Gli uomini cercano al primo posto di trovare la pace nella loro vita insieme, e questa inclinazione verso la pace è una parte essenziale dell'impulso verso la felicità come inclinazione originaria dell'uomo: sicut nemo est qui gaudere nolit, ita nemo est qui pacem habere nolit. La pace consiste nell'ordinata concordia, alla quale l'uomo viene spinto naturae suae legibus: origine e archetipo di ogni ordine di pace è l'ordo naturalis della famiglia.77 Certamente, S. Agostino non si occupa poi del modo d'effettuarsi della legge naturale e del modo di riconoscere il diritto naturale, ma Messner vuol sottolineare, che presso S. Agostino la famiglia è almeno riconosciuta come "situazione fondamentale" per l'esperienza e per i giudizi possibili concernenti l'ordine sociale.

Quanto al giudizio in questione su S. Tommaso, il nostro autore vuol seguire le ricerche e l'autorità di M. Wittmann.78 Sebbene lo sguardo all'ordine dell'essere sembra essere invadente per S. Tommaso, nonostante ciò lui comprende la legge naturale fondamentalmente come cognizione razionale dei più generali princípi dell'ordine morale. In realtà il concetto della legge naturale di S. Tommaso non sembra un concetto metafisico, ma molto di più uno psicologico oppure gnoseologico. E così S. Tommaso non parte dalla natura, ma anzi dalla legge eterna. Secondo S. Tommaso la legge si riferisce alla ragione, e la tesi che la legge sia aliquid rationis viene strettamente esecuta. Certamente viene fuori anche la parte metafisica della legge naturale, la cui appoggio lui vede nella natura delle cose e la cui conoscenza lui cerca attraverso i fini nelle stesse, ma sempre rimane la legge naturale anche condizionata dalla ragione. La legge come tale viene fuori prima nella ragione. S. Tommaso così parla certamente dalla legge naturale nel senso di una legge della ragione, ma non accenna alla legge naturale nel senso oggettivo.79 La relazione alla natura stessa sembra di mancare. La legge naturale come conoscenza razionale non trascende norme fondamentali e astratte in nessun caso. Soltanto con la legge umana insieme c'è un ordine di vita completo, in quanto dopo un ragionamento adeguato la ragione pratica può trarre prescrizioni più concrete dalle prescrizioni della legge naturale. In questa comprensione intellettualistica così anche alla fine la legge rimane un'opera della ragione, in quanto prescrizione della ragione di un superiore.80

Di nuovo, per Messner fino a qua non sarebbe uscito il pieno S. Tommaso, come avevamo già visto prima. S. Tommaso infatti ha detto anche: oportet quod in vi cognoscitiva sit naturalis conceptio, et in vi appetitiva naturalis inclinatio81, poi per Messner è molto importante che secundum ordinem inclinationem naturalium est ordo praeceptorum legis naturae82. In più non dobbiamo dimenticare che non ad liberum arbitrium pertinet quod volumus esse felices, sed ad naturalem instinctum83 e quale importanza S. Tommaso dà alla communis utilitas come fine del diritto. Però l'ordine di essere effettivo attraverso le inclinazioni naturali incluso il cercare la felicità e i valori rimane chiaramente nascosta. Neanche la famiglia è nel centro del pensiero, piuttosto vale per S. Tommaso (sulla linea di Aristotele), che seguendo la natura lo stato c'è prima del singolo e che la famiglia stessa è riferita all'ordine statale del bene comune come condizione fondamentale dell'essere pieno-umano.

Sembra essere rimasta un'incertezza concernente la relazione tra ordine della ragione e ordine dell'essere anche nella scolastica più recente. Messner ci ricorda al famoso contrasto di V. Cathrein e J. Mausbach sul concetto del bene morale, discussione questa anche fondamentale per la comprensione della legge naturale e del diritto naturale.84 Cathrein vuole partire dalla natura umana razionale come tale, mentre Mausbach vede il punto di riferimento nella fine ultima. Certamente Cathrein lavora così più vicino alla realtà, ma non arriva mai alla spiegazione che cosa sia questa natura.

A. F. Utz ci dà un altro punto di vista, quasi contrario all'interpretazione di Wittmann e di Cathrein. Lui vede il punto chiave nella dottrina del diritto naturale presso S. Tommaso nella "situazione naturale della cosa" (Natursachlage). La natura humana sarebbe il concetto fondamentale di S. Tommaso e la norma del diritto naturale. Tutto vale come diritto naturale in quanto oggettivamente razionale, tutti i precetti naturali morali, in quanto vengono fuori dalla natura humana, hanno non soltanto carattere morale, ma anche carattere giuridico. Messner ha forti dubbi su questa interpretazione, in quanto non sembra pienamente possibile di provare presso S. Tommaso stesso una comprensione integrale dell'ordine della natura come ordine delle cose, e l'espressione natura humana non pare essere quello di S. Tommaso.85 Però, S. Tommaso, Cathrein e Utz, tutti i tre non si occupano del modo d'effettuarsi della natura umana che spinge verso l'ordine del diritto naturale, e Utz neanche accenna ad un'analisi dell'ordine di essere e di fini che si rivela nella natura umana. Secondo Utz l'uomo, a causa della sua natura umana, ha una sufficiente potenza di ragione per riconoscere le norme e di concludere dalle stesse la conclusione legata alla cosa concreta ("un processo logico-giuridico"). Il risultato di questo processo sarebbe diritto naturale.

Rimane così la domanda essenziale per Messner, che decide tutto: quando analizza la ragione pratica lo stato oggettivo della cosa "giustamente", quando è questa ragione "vera"? La domanda decisiva è come si può riconoscere la persona umana e princípi dalla vita come norme giuridiche e come valide per la società, in quanto, in vista di una filosofia del diritto basata oggi tante volte su un'antropologia positivistica, il concetto di natura non è automaticamente per tutti una categoria del diritto (con il pericolo di un certo "naturalismo"). Ecco, perché secondo Messner per la dottrina del diritto naturale tutto dipende dal dimostrare come viene ai concetti natura, natura dell'uomo, natura humana, legge naturale, natura della cosa, ordine dell'essere e come viene cosí al criterio di "vero" e "giusto" nel processo logico di concludere legato alla cosa stessa. Così il nostro autore ripeta che tutto ciò è soltanto possibile con un estensivo elaboramento empirico-fenomenologico e ontologico-metafisico di questi concetti fondamentali, specialmente della natura dell'uomo e della legge naturale, come ho potuto già mostrare in questa tesi. - Anche la relazione tra legge naturale e diritto naturale e tutte le incertezze in questo riferimento nella recente scolastica seguono secondo Messner da questa mancata oppure insufficiente analisi fenomenologico-ontologico-metafisica. Per Messner è chiarissimo che oggi l'etica giusnaturalista deve e può lavorare con un concetto preciso del diritto, ma rimane anche chiaro che il diritto naturale e la legge naturale devono essere visti in dipendenza. In vista di tutta questa discussione e delle differenze vere in rapporto alla dottrina tradizionale Messner ricorda: "La dottrina della legge naturale non è affatto soltanto da pensare come introduzione e preparazione per la dottrina del diritto naturale, ma è parte essenziale della stessa:non solo, che il diritto naturale si può dimostrare soltanto con la legge naturale come ordine di obbligo, ma può essere dimostrato anche solo attraverso la legge naturale, attraverso dunque il modo d'effettuarsi proprio della natura umana, come ordine di esistenza, a cui l'uomo si vede spinto nel cercare l'essere pieno-umano"86.

II.5.4 Punti in comune (dell'esposizione di Messner) con
recenti sforzi di diritto naturale

Messner in generale è sempre preoccupato di vedere e mostrare il comune del suo pensiero con questo di altri. Ci sono tanti punti di contatto con la letteratura sulla questione del diritto naturale fuori la dottrina tradizionale.

Da menzionare è Helmut Coing87 che vede nelle situazioni fondamentali sociali e specialmente nella famiglia come "tipo fondamentale" della comunità un grande significato per la spiegazione del diritto naturale. La coscienza morale mostra la via per il caso singolo e lo storicismo lascia scappare , che la vita umana conosce una certa tipica di situazioni, ci sono fenomeni fondamentali che si ripetono. È possibile di descrivere perciò il contenuto di valori morali con rispetto di tali situazioni tipiche e di dargli un immagine essenziale nel suo nucleo. Coing cerca così un annodamento tra circostanze empiriche e fatti aprioristici. Fino a qua Messner può andare questa via. Però per arrivare al contenuto morale del diritto e della giustizia manca il fondare nelle inclinazioni naturali propri dell'uomo, manca il fondamento nell'impulso verso la felicità visto da Aristotele che non è altro che l'impulso verso i valori. Messner sottolinea di nuovo che nella natura umana stessa l'ordine di essere (natura delle inclinazioni) e la cognizione giuridica (conoscenza della coscienza personale) sono connessi insolubilmente e ancora più originariamente e più direttamente, sperimentato nella famiglia, altrimenti non abbiamo un criterio oggettivo e rimarrebbe soltanto la fondazione della conoscenza di valori sul "sentire".

Da menzionare anche Mitteis88 che vede nel centro la coscienza giuridica con la sua cognizione originaria nei precetti della giustizia. Il diritto positivo deve ritirarsi se non corrisponde più alle esigenze della giustizia, dunque del diritto naturale. Anche Mitteis sottolinea il fatto che l'uomo arriva alla comprensione della sua propria natura e della realtà di valori, richiesta dalla stessa, attraverso la vita nella comunità. Il diritto naturale è una condizione essenziale della comunità umana. Questa linea piace a Messner, manca soltanto la fondazione ontologica della persona e della comunità, e perciò Messner stesso è partito dalla interazione delle inclinazioni naturali propri della ragione e degli impulsi naturali propri verso i valori.

Punti comuni si trovano anche presso Wilhelm Sauer.89 Ogni comunità è comunità di valori, in cui rimane ogni membro della comunità una persona in proprio. Il vero bene della comunità, il bene comune normativo non è identico con la volontà comune soggettiva, ma richiede un orientamento etico sociale sull'idea della cultura. Dalla vita stessa seguono valori di vita (valori culturali), che fanno la vita propriamente degno di vivere. Però Sauer rifiuta poi una fondazione ontologica dei valori, perché la distinzione tra essere e dovere (giudizio di valore) verrebbe persa attraverso l'ontologia. Messner spiega la necessità di una fondazione ontologica: infatti, i valori, in quanto compresi dalla vita e dall'impulso verso i valori, sono già particolarmente ontologici, poiché visti come fondati nella natura dell'uomo. D'altra parte il sperimentare degli uomini, in che cosa la vita sia degno di vivere, può essere soggettivamente così differente, che già da questo viene fuori l'impossibilità di fondare valori soprasoggettivi e assoluti nella pura esperienza di vita. Di nuovo vede Messner la necessità della via sua propria: una fondazione ontologica attraverso l'ordine dell'essere e l'ordine di fini, che si trovano nella natura dell'uomo.

Poi Messner apprezza la parte giustificata della critica contro la dottrina tradizionale del diritto naturale.90 Da menzionare per tanti Adolf Merkl91, che al primo posto richiama l'attenzione su parechi contraddizioni dentro una cosiddetta dottrina cristiana "giusnaturalista", per esempio al rifiuto dell'assoluta libertà di coscienza e di opinione da parte del papa Gregorio XVI e all'approvazione ricevuta della libertà religiosa e della parità ecclesiastica nella Germania da parte del vescovo Ketteler "sotto le circostanze date", praticamente allo stesso tempo. Contraddizioni provate concernenti il giudizio giuridico della persona e della protezione della sua dignità secondo Merkl avremmo nella vista di S. Agostino, che la liberazione degli schiavi fa parte dell'utopia e che la schiavitù è stata giustificata ancora da S. Tommaso, mentre altre personalità di motivo religioso hanno partecipato all'emancipazione degli schiavi e mentre nella guerra d'indipendenza in America si vede membri convinti delle grandi confessioni cristiane in tutte e due campi. Poi un'ulteriore contraddizione: le encicliche papali Rerum novarum e QA mettono in ombra tutto il diritto naturale-sociale degli annunci dei papi del diciottesimo secolo. Un altro esempio troviamo nella questione della forma di stato: autori teologici, politici e laici hanno annunciato per certe forme di dominio oppure per certe situazioni storiche la conformità al diritto naturale oppure che siano specialmente grati a Dio, mentre LEO XIII ha dichiarato la questione della forma di stato come neutrale per il cattolicesimo del tempo nuovo, sebbene con la clausola "sotto mantenimento della giustizia".

Sorprendente per Merkl, Messner spiega, che per la dottrina giusnaturalista d'oggi è ovvio che le proposizioni del diritto naturale sono "ambigui" (mehrdeutig), dipendenti dalle situazioni che condizionano appunto il modo d'applicazione delle stesse proposizioni. Poi è ammesso che nell'interpretazione di una stessa situazione nell'ambito di circostanze complicate possono esserci opinioni contrastanti da parte della dottrina tradizionale. In questo caso dipende tutto dal giudizio sulle condizioni oggettive per l'applicazione di precetti del diritto naturale. Messner ricorda che anche nell'ambito di altre scienze possono esserci contrasti di opinioni, in cui alla fine decide normalmente l'importanza delle trovate cause oggettive. Quanto al "rifiuto dell'assoluta libertà di coscienza" e all'approvazione contemporanea di una certa tolleranza religiosa e anche quanto alle differenze nell'atteggiamento di uffici ecclesiastici concernenti la forma di stato, sembra chiaro oggi, che non c'è la possibilità di avere per i precetti del diritto naturale concretizzazioni valide una volta per tutte, neanche per qualsiasi precetto giuridico in generale. Errori storicamente provati non possono mettere in dubbio la dottrina del diritto naturale stessa come scienza, tanto più che la scienza giusnaturalista ha imparato molto sin dalla fine della seconda guerra mondiale e che neanche la scienza della medicina andrebbe terminata a causa di tanti errori storici.

II.5.5 Fondazione di diritto naturale (secondo Messner)

Per arrivare al diritto naturale come realtà ci sono tre possibilità: la metafisico-teologica, l'empirico-storica e l'induttivo-ontologica. La via prima è quella della dottrina giusnaturalista tradizionale. La via seconda è stata scelta soltanto nel tempo più recente e vuol mostrare, che la stessa coscienza morale e giuridica si può trovare nei princípi fondamentali di tutta l'umanità in quanto nota per noi oggi. Però mancano così milioni di anni da esaminare e conseguentemente ci sono anche tentativi da parte dell'evoluzionismo di spiegare tutto l'ambito dello spirito, del diritto e dei valori meramente come risultato di uno sviluppo. Messner ha chiaramente scelto e sviluppato la terza via menzionata92, il metodo induttivo-ontologico, che fa possibile la deduzione al periodo più originale pensabile degli uomini, del loro comportamento e dei princípi basandolo, sotto una condizione, che l'uomo è chiaramente riconoscibile come homo sapiens e come essere culturale. I punti d'appoggio per la conoscenza degli inizi della cultura umana a differenza dello stato degli animali troviamo nell'uso di attrezzi e utensili, soprattutto nell'uso del fuoco. Così è provata la cognizione del principio causale è allo stesso tempo anche l'esistenza dell'uomo, che tende come essere razionale nella comunità indicata dalla sua natura stessa all'adempimento dei bisogni propri attraverso l'espansione del suo spazio di vita.

La via di prova fondamentale di Messner mostra il diritto naturale come ordine di esistenza vinto induttivo-ontologicamente dalla natura dell'uomo, essenzialmente visto come essere familiare.93 Il corrispondente pensiero fondamentale di Messner è - come abbiamo già visto molto bene nei capitoli precedenti - che la natura dell'uomo con le sue proprie inclinazioni impulsive/istintive (Triebanlagen) gli spinge alla vita secondo l'ordine del diritto naturale e così anche alla conoscenza dei princípi propri di questo stesso ordine. I singoli passi del metodo di Messner sono i seguenti: l'uomo secondo la sua natura stessa è essere familiare, la sua natura e la legge naturale (della natura) si realizzano nella comunità familiare attraverso l'amore e la stima reciproca dei membri e attraverso l'ordine di esistenza che garantisce l'esistenza pieno-umana. Simultaneamente si vede chiaramente in piena interazione di predisposizione conoscitiva e di inclinazione istintiva lo sviluppo della capacità propria alla sua natura razionale per capire i semplici princípi giuridici: questi vengono vissuti al primo posto, e sono perciò determinati di contenuto concreto sin dall'inizio e vengono poi compresi nel loro contenuto di verità generale e validità assoluta, anche nel loro modo essenziale di essere precetti e obblighi del diritto. Tutto ciò include l'esperienza e la riconoscenza di princípi validi per il comportamento tra gli uomini, e anche validi per il bene della comunità come tale.

Siccome predisposizione conoscitiva (Erkenntnisanlage) e inclinazione istintiva (Triebanlage) operano in interazione insolubile, i princípi di ordine giuridico vengono compresi sin dall'inizio nella loro relazione all'ordine dell'essere, dunque riferiti all'essere vincolato dell'uomo alla comunità e al tendere comune di tutti i loro membri verso il bene corrispondente alla natura umana (cercare la felicità). Con questa semplice comprensione di princípi sin dall'inizio è collegato la semplice comprensione dell'essere; si sviluppa chiaramente con la conoscenza giuridica contemporaneamente la capacità di vedere il diritto nel suo nesso interno con l'ordine dell'essere. E così il diritto naturale trova la sua fondazione ontologica nella natura dell'uomo come tale, con il suo proprio tendere verso l'esistenza pieno-umana condizionata dalla vita nella comunità. Nella cooperazione dunque della cognizione razionale così fondata con l'espansione graduale dell'esperienza nelle circostanze che si cambiano sotto l'influsso di movimenti socio-culturali, si costituiscono nuovi discernimenti nelle pretese e nelle obbligazioni del diritto, con cui si collega lo sviluppo della coscienza giuridica e dell'ordine di diritto.

Per Messner segue: i princípi e valori fondamentali del diritto naturale legati alla natura dell'uomo come essere familiare e così naturalmente propri dell'ordine originale di comunità, sono di essenza umanamente generale (allgemeinmenschlich) e indipendente dalla storia: né l'origine di questi princípi si può ricondurre ad uno sviluppo partendo da uno stato pre-umano né questi princípi sono punti di vista del presente concernenti i valori quasi letti dentro la natura dell'uomo. Piuttosto questi princípi giuridici e di valore che sono sempre e dovunque fondati nel modo d'esistenza dell'uomo come essere familiare e così fondati nella sua natura e nella sua legge naturale.

II.5.6 Il modo d'effettuarsi / aver effetto del diritto naturale

L'inclinazione dell'uomo verso il diritto naturale secondo Messner si effettua in molteplice forme nella fondazione, nello sviluppo e nel tendere sempre di nuovo verso un ordine di diritto e giustizia nella vita sociale.94

II.5.6.1 Il diritto naturale primario

Primario viene chiamato quello diritto naturale che direttamente è fondato nella natura morale dell'uomo e che gli viene rivelato attraverso la sua cognizione razionale. Possiamo chiamarlo anche diritto naturale originario oppure primordiale, anche elementare (perché comprende solo le più generali conoscenze, che sono però fondamentali per ogni ulteriore cognizione giuridica) oppure assoluto (perché immediatamente fondato nella responsabilità morale dell'uomo, cioè immutabile e assolutamente obbligatorio).

La validità di questo diritto naturale ha la sua causa nella natura immutabile dell'uomo visto come persona e nell'ordine fondamentale sociale condizionato da questa stessa natura personale. Queste proposizioni giuridiche sono soltanto di carattere generale. Il principio più generale è il noto suum cuique: rispetta il diritto di ciascuno, evita l'ingiustizia. Sotto le richieste del suum, sotto i diritti definiti da rispettare e dunque sotto i princípi giuridici dati con ciò entrano: la vita e l'integrità fisica dei prossimi (l'uccisione o la lesione arbitraria è ingiustizia), l'onore e la reputazione degli altri membri della società, la non-violazione della comunità matrimoniale di altri, diritto all'educazione dei genitori riguardo ai bambini, la veridicità (la menzogna è cattiva in sé), la non-violazione della proprietà acquistata legittimamente (non rubare), onestà nel pagamento (Redlichkeit in der Abgeltung) di prestazioni accordate, tenere la parola data e contratti stipulati, l'ubbidienza di fronte all'autorità della comunità (Gemeinschaftsobrigkeit), la punizione del torto fatto e l'adeguatezza della pena alla colpa, la libertà di coscienza e della convinzione religiosa.

La validità assolutamente obbligatoria del diritto naturale primario si fonda sulla responsabilità morale per l'adempimento di obblighi. L'obbligatorietà è il vincolo assoluto a un dovere (unbedingte Gebundenheit) da parte dell'essere, libera nella sua volontà. La volontà, che causa il dovere, può essere volontà umana o divina. Per Messner sembra incontestato che la volontà divina può mettere diritto naturale generalmente valido e assolutamente obbligatorio come "norma fondamentale" di tutto il diritto. Nella situazione pluralistica d'oggi la volontà umana è efficace nel modo che al valore della persona umana viene conferita una validità e obbligatorietà assoluta, e così anche ai comportamenti richiesti attraverso il valore della persona per l'ordine sociale di esistenza dell'uomo. Siccome questa volontà giuridica corrispondente alla coscienza giuridica d'oggi diventa determinante come "norma fondamentale" per tutto il diritto, "c'è diritto naturale assoluto elementare anche senza la condizione della fede in Dio."95

Il fatto, che si tratta di princípi di validità assoluta e generale, è in connesso diretto con la dignità della persona umana. Questa dignità è essenzialmente legata a sfere morali di responsabilità che causano appena proprie competenze assolute come le troviamo nei princípi giuridici primari. Questi princípi si referiscono cioè su valori fondamentali che sono costitutivi per l'esistenza pieno-umana della dignità personale. Non solo l'uomo li impara a comprendere come tali in collegamento con i comportamenti, che gli si rivelano determinanti per l'ordine e il bene della comunità familiare, ma impara anche senz'altro che tutti i loro membri hanno le stesse richieste elementari di vita come lui stesso e vede contemporaneamente sempre di più che - trascendendo il gruppo più piccolo della famiglia - questa natura la quale si esprime così è la stessa per tutti gli uomini. Per la filosofia del diritto questo è un fatto tanto importante perché così è data una formula di trasformazione per la vita dell'uomo nella comunità più grande, con cui l'uomo può applicare i princípi giuridici primari nelle situazioni della sua esperienza diretta. Questa formula la troviamo nella regola aurea ("non fare ad altri ciò che tu non vuoi che ti venga fatto").

Presso i singoli popoli il modo d'espressione per i princípi in questione può essere diverso. Nel pensiero dell'Occidente sembrano essere correnti nel decalogo (dal quarto al decimo comandamento). Innanzitutto viene istruito sempre la conoscenza di questi princípi più generali con i comportamenti a cui osservanza il bambino viene esortato nella comunità familiare. Sin dalla società della prima antichità questa conoscenza riceve il suo ulteriore consolidamento e la sua formazione attraverso la forma dell'ethos (Ethosform), che si effettua nel costume (Sitte), nella coscienza giuridica e nella consuetudine giuridica. E nella società con diritto legiferato (Gesetzesrecht) spetta al legislatore il compito di spingere alla conoscenza chiara dei princípi giuridici elementari da parte del popolo di stato, nel modo cioè che le loro pretese vengono fatte diritto legiferato.

I princípi adesso menzionati formano i princípi primari del diritto naturale ossia della giustizia naturale. Né sono innati né sono di carattere meramente aprioristico, piuttosto è l'esperienza concreta - come abbiamo già visto - riguardo ai rapporti tra gli uomini che è la condizione per la loro cognizione, però vengono poi compresi infatti come evidenti (certi in sé stesso) e come generalmente validi e dunque come parte della legga di coscienza. La capacità della ragione alla cognizione dei princípi primari ha bisogno della formazione come tutte le altre capacità corporali o spirituali. Manca più o meno questa formazione, può essere anche manchevole di singoli dei princípi summenzionati fino alla piena inconoscenza. Per questo l'uomo singolo, ma anche il legislatore (!) può cadere nell'errore. Qui abbiamo la causa esatta perché la dottrina tradizionale del diritto naturale nel culmine del suo sviluppo storico ha sottolineato tanto la delimitazione del "generale" nella trascrizione dei princípi giuridici immediatamente riconoscibili.

Può essere manchevole la conoscenza della validità generale nel senso che per esempio estranei della comunità non vengono visti protetti dal principio "non uccidere", oppure può essere manchevole la conoscenza generale attraverso la coscienza giuridica naturale nel senso che uomini singoli oppure gruppi della società non comprendano l'uno o l'altro di questi princípi come tali. Perfino l'entusiasmo per la verità e per il bene può ingannare singoli o comunità di trascendere le frontiere date chiaramente dai princípi elementari del diritto naturale, come abbiamo visto nella storia i tentativi della conversione di popoli al cristianesimo attraverso la spada oppure il rifiuto della libertà dell'esercizio del culto e della libertà di coscienza nell'inseguimento di fedeli di altra confessione.

II.5.6.2 Il diritto naturale secondario

Diritto naturale applicato vengono chiamati le pretese della giustizia, che risultano dai princípi generali in collegamento con la conoscenza della natura della cosa, che si dovrebbe comprendere sotto le circostanze corrispondenti.96 Le circostanze sempre nuove possono causare pretese giuridiche differenti nonostante la validità assoluta e immutabile dei princípi generali. Condizionato dalle circostanze possiamo chiamare questo diritto naturale anche "relativo" a differenza del diritto naturale "assoluto". Il modo d'applicazione di proposizioni giuridiche generali può avere soltanto la forma logica di un giudizio. Abbiamo qui giudizi di conclusione basandosi su una conclusione, di cui la proposizione superiore è un principio giuridico del diritto naturale generale, la proposizione subordinata si presenta come giudizio sul carattere di un certo stato oggettivo di situazioni (Sachverhalt), mentre la proposizione finale come giudizio concludente esprime chiaramente il contenuto così definito di pretese giuridiche e obblighi giuridici. Appunto questo diritto naturale viene chiamato "secondario" a differenza del immediatamente riconoscibile "primario". L'essenza logica di una sentenza giuridica è la stessa.

Come primo modo d'effettuarsi dobbiamo menzionare l'immediato modo della coscienza morale-giuridica (sittliches Rechtsgewissen). Fa sì per l'uomo la conoscenza di giusto e ingiusto sotto circostanze semplici. Nella maggioranza dei casi l'uomo non ha bisogno di una riflessione ampia riguardo ai comportamenti della vita quotidiana sebbene condizionate dalle circostanze di ogni giorno. Questa ripetizione di casi simili aiuta l'uomo che a causa della consuetudine possiede così un esercizio nel giudicare come appena descritto. Vede immediatamente che cosa sono gli obblighi giuridici. Senz'altro possiamo vedere questo modo di un "giudizio immediato" anche nell'ambito di altre leggi naturali, per esempio semplicemente la legge di gravità riguardo all'andare in bicicletta etc. Vediamo poi come forma del diritto naturale applicato l'originario diritto consuetudinario. Qui non si tratta della consuetudine appena vista, ma si tratta di un fenomeno sociale, la validità di una consuetudine giuridica dentro una comunità. Vediamo nel prossimo paragrafo la posizione del diritto legiferato al riguardo. E non si può dimenticare il lavoro esemplario ed efficace della scienza giuridica, attraverso la giurisprudenza nell'insegnamento, nella letteratura e nella ricerca, ma anche attraverso il pensiero giuridico e l'ethos professionale dei giudici, avvocati e funzionari amministrativi.97

L'inclinazione umana verso il diritto naturale comporta con se le più efficaci forze dello sviluppo del diritto, anche tanto perché con l'ordine del diritto è legato insolubilmente l'esercizio del potere che sta sempre sotto il pericolo dell'abuso nell'interesse di singoli gruppi oppure di una cosiddetta "classe dominante". L'ingiustizia entrando così nel concreto ordine giuridico ha provato nella storia una forte forza motrice per lo sviluppo della coscienza giuridica. Lo sviluppo del diritto si svolge pertanto come processo di interazione, determinato sempre dallo sviluppo culturale della società in generale. Ecco, perché l'essenza del diritto naturale applicato in una parte significante è infatti "werdendes Naturrecht" ossia "diritto naturale nascendo"98. Messner dà quattro argomenti per questa tesi: 1. la realizzazione di pretese del diritto naturale presuppone la conoscenza della natura della cosa concreta, la quale nel caso di una sua nuova e piena evoluzione non è sempre così chiaramente riconoscibile riguardo al significato giusnaturalista; 2. anche dopo la piena conoscenza della concreta natura della cosa c'è un bisogno dello sviluppo della coscienza giuridica della società per arrivare a ordinamenti giuridici nuovi con successo; 3. sempre si trova forze sociali e forze contrastanti operanti che lasciano soltanto la possibilità di realizzare lentamente l'ordine del diritto naturale, perché con ogni ordinamento giuridico ci sono anche sempre pretese condizionate da interessi; 4. il risultato di una riforma giusnaturalista di un ordinamento giuridico rimane sempre dietro l'ordine del diritto naturale, cosicché la coscienza giuridica trova subito nuovi compiti al riguardo.

Così siamo arrivati ai compiti propri dell'etica giusnaturalista nell'ambito del diritto naturale applicato. Questi compiti formano la parte principale dell'etica sociale come la scienza dell'ordine morale e giuridico degli ambiti sociali di vita nelle circostanze storico-culturali. L'etica giusnaturalista deve perciò innanzitutto elaborare princípi di diritto, princípi di giustizia, che risultano dai princípi primari e secondari sulla base della conoscenza della "natura della cosa". Ecco l'area ampia dei princípi terziari, che vengono chiamati dalla dottrina tradizionale principia remota.

Molto importante qui è di distinguere i princípi giuridici dalle norme giuridiche e anche da pretese e obblighi giuridici concreti risultando come richieste concrete di quelli appena menzionati modi di princípi giuridici in vista della natura della cosa condizionata dalle situazioni ossia circostanze. Per spiegare questa differenza Messner prende l'esempio dei diritti umani. In un gran numero di stati la circoscrizione e la garanzia degli diritti umani nella forma di norme giuridiche forma una parte fondamentale della costituzione. Il modo di questa circoscrizione concreta non può essere altro che differente corrispondendo allo sviluppo del singolo stato nell'ambito culturale, politico e sociale. Se a differenza di questo fatto ci sono in questione i diritti umani in generale, ecco l'etica giusnaturalista dovrebbe elaborare universalmente i princípi giuridici che stanno alla base dei singoli diritti umani e dovrebbe anche riferire tutti i punti di vista per il modo d'applicazione degli stessi princípi.

Se per esempio Jacques Maritain99 dichiara lo "stesso diritto elettorale per tutti" come diritto naturale e comprende sinteticamente anche i "diritti dei cittadini quale lo stesso come quelli del popolo" e finalmente inserisce "il governo del popolo attraverso il popolo per il popolo" sotto i diritti naturali, tutto senza un riferimento alla dipendenza di questi diritti dallo sviluppo della coscienza giuridica di un popolo, dall'educazione politica per la vita nella democrazia e dalla formazione generale, è evidente, che con questa formulazione talmente generale possono essere circoscritti solamente "princípi giuridici", la cui concretizzazione attraverso leggi giuridici è competenza dello stato singolo dopo un esame attento delle condizioni esistenti.

Dai princípi giuridici primari, secondari e terziari appena discussi non si può evincere dunque un codice giuridico nel modo di ordinamenti del diritto positivo, ma piuttosto princípi dell'ordine di giustizia della società storicamente concreta e conseguentemente solo rapporti fondamentali dell'ordine giuridico della società. Possiamo dire che Messner né vuol vedere ridotto il diritto naturale per combattere solamente le più gravi deformità di un'ingiustizia legiferata, né vuol vedere il tentativo di codificare nel senso proprio il diritto naturale quasi come metterlo a confronto della codificazione del diritto positivo. Il lavoro del diritto naturale consiste nell'elaborare concreti princípi della giustizia per la valutazione e la riforma di differenti ambiti di vita della società.100 Ecco perché l'etica giusnaturalista nella sua essenza dovrebbe essere etica sociale e viceversa. Noi stiamo nell'epoca con le grandi pretese degli diritti umani, dei diritti sociali e di un ordine universale del diritto internazionale. Così l'ordine sociale stesso e come tale è divenuto una questione fondamentale del diritto naturale e dell'etica giusnaturalista. Vediamo chiaramente il compito di mostrare positivamente e costruttivamente i caratteri fondamentali dell'ordine sociale nel senso dell'ordine naturale sotto le condizioni d'oggi.

II.5.7 Il diritto naturale nel diritto positivo

Dopo le discussioni prima della seconda guerra mondiale nell'ambito della scienza giuridica e della filosofia del diritto sembravano diritto naturale e diritto positivo qualche volta come semplici contraddizioni. Così era andato perso un fatto primario della realtà giuridica che cioè il diritto naturale entra in parte sostanziale negli storici ordinamenti giuridici.

Diritto naturale è parte del diritto positivo, fatto questo anche per la dottrina tradizionale senza dubbio tranne ci fosse un fraintendimento dentro la dottrina giusnaturalista. Perché siccome il diritto naturale ha una relazione interiore alla natura dell'uomo e alla legge naturale quale proprio modo d'effettuarsi, non può esistere a lungo nessun ordinamento giuridico positivo della società se non ci venisse realizzato il diritto naturale in misura significante. Dovrebbe essere incontestabile che il diritto positivo porta in sé diritto naturale, sebbene non il diritto naturale in realizzazione piena, perché la legge naturale è spezzato nella sua forza operativa come ha sempre affermato la dottrina tradizionale. Perfino una dittatura è obbligata di realizzare una parte essenziale del diritto naturale perché altrimenti perde la durezza.

Messner dunque non vuol accettare una certa teoria di "trascendenza del diritto naturale" sia da parte del positivismo giuridico sia da parte di un'etica giusnaturalista. Le norme del diritto naturale non sono assolutamente trascendenti nel confronto del diritto positivo. Prima di criticare il positivismo giuridico, menziona il nucleo di verità di questa posizione.101 Messner cerca sempre di trovare punti di verità anche in dottrine e ideologie che ovviamente non riconoscono pienamente il diritto naturale. Quanto alla certezza del diritto, che appartiene all'essenza più interiore del diritto, essa presuppone l'emanazione e la conservazione del diritto (Rechtssetzung und Rechtswahrung), due funzioni fondamentali dell'ordine giuridico, che possono essere adempiti solamente attraverso il potere ordinativo statale. Il diritto positivo con il suo sistema di norme è certamente condizione della conoscenza assicurata su che cosa è il diritto valido nel rapporto e nel traffico tra i cittadini l'uno con l'altro e nella loro relazione verso lo stato. Ma forma anche la premessa per la conservazione del diritto da parte dell'ufficio del giudice, cioè per una giurisprudenza ordinata.

Il nucleo vero del positivismo giuridico trova la sua terza fondazione nel difetto di certezza che secondo Messner significa che le situazioni del diritto basate sulla natura della cosa non sono sempre riconoscibili con ultima sicurezza, e dunque è competenza del legislatore di definire che cosa vale come diritto. Poi vediamo un ampio compito per il legislatore nell'area giusnaturalisticamente neutrale, su quale il diritto naturale gli dà la legittimazione di decidere senza presentare princípi giuridici contenusticamente definiti. Qui non sono toccate solamente questioni di opportunità in vista dell'assicurazione del bene comune, ma anche questioni di valore nel senso che un popolo può decidere in quest'area neutrale a quali valori preferibilmente si vuole dedicare. Come quinto punto vero del positivismo Messner trova l'argomento della continuità di diritto, carattere essenziale questo collegato con l'ordine giuridico. La conservazione della continuità del diritto può significare per il legislatore che deve trascurare perfino cambiamenti del diritto legiferato pretesi dal diritto naturale, perché una tale riforma potrebbe portare con se difficoltà a causa di consuetudini profondamente radicate, danneggiare la certezza del diritto e così condurre magari ad un danno del bene comune. E finalmente Messner menziona la natura dell'uomo caduto come causa più profonda per la posizione propria e essenziale del diritto positivo, per l'emanazione e la conservazione del diritto nell'ambito dell'ordine giuridico e così come causa per la competenza più allargata del diritto positivo.

D'altra parte è proprio la dottrina giusnaturalista che la natura della cosa stessa può mostrare la contrarietà di realtà (Wirklichkeitswidrigkeit) di un certo positivismo giuridico unilaterale. Perché la ipotesi fondamentale sembra che il diritto sia soltanto il diritto positivo e che non siano norme giuridiche sopra-positive e fondate nell'ordine morale che valgono come vincolanti per lo stesso diritto positivo. Non ci sono tanti che ancora seguono un positivismo giuridico assoluto, piuttosto è ammesso oggi che a colpa di questa posizione è nata una crisi del concetto di diritto. Ci mancava all'improvviso un concetto universalmente riconosciuto. La vecchia definizione di Austin102, che soltanto il comandamento del sovrano della società statale autonoma sotto assicurazione dell'ubbidienza attraverso l'uso di forza fisica fonda diritto, è certamente abbandonata come insostenibile. Grazie alla storia del diritto e alla sociologia giuridica è chiaro il fatto della diversità di norme vincolanti e dei rapporti di dipendenza di società statali sovrane. Resta il concetto maggiormente conservato di Frederick Pollock: a rule of conduct binding on members of a commonwealth as such103. E secondo Messner questa formulazione non è così lontana dalla dottrina giusnaturalista tradizionale: quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo, qui curam communitatis habet, promulgata.104 Nonostante ciò il problema della definizione del concetto di diritto per il positivismo c'è ancora e Messner sperava che ci sarebbe un'intesa communicativa tra il pensiero giusnaturalista e del positivismo nel senso che tutte e due rispettino i confini del proprio metodo e non dimentichino lo sguardo sulla realtà di diritto come un tutto.

Fuori questa discussione sul concetto dobbiamo anche menzionare la questione problematica della competenza del legislatore all'emanazione di leggi. Per il pensiero moderno doveva essere chiaro che a causa dell'uguaglianza di tutti i uomini per natura nessun uomo potrebbe obbligare giustamente altri attraverso obblighi giuridici in forza di una propria autorità. Ecco perché Kelsen sottolinea che una norma giuridica come tale può soltanto avere forza vincolante grazie al riferimento ad un'ultima autorità legittimante. Però per lui questa norma originaria forma solamente un'ipotesi, viene semplicemente pensata come presupposta. La questione dell'autorità di una tale norma fondamentale per l'intero edificio giuridico resta aperta: da dove prende il legislatore la sua facoltà? Conseguenza ultima della Reinen Rechtslehre di Kelsen è che nessun ordinamento giuridico può dichiarato come non valido a causa di un certo contenuto delle sue norme.105 Messner però ricorda: norma originaria è la norma del diritto naturale.

L'idea della delegazione è stata sempre fondamentale nella dottrina giusnaturalista tradizionale: tutto il diritto umano si fonda nella sua forza vincolante sulla legge naturale morale e quest'ultima sulla legge eterna: ius positivum - lex naturalis - lex aeterna. Il diritto positivo si fonda sul diritto naturale direttamente in quanto incarna princípi del diritto naturale, oppure indirettamente in quanto le sue norme si riferiscono su regolazioni che ricevono forza vincolante come legge attraverso il potere di comandare, radicato nello stesso diritto naturale.

Conseguenza prima è che il diritto positivo riceve il suo sanzionamento morale dal diritto naturale. L'obbligo dell'ubbidienza è collegata con il sanzionamento della coscienza. A prescindere da casi eccezionali nel senso del diritto equitatorio (Billigkeitsrecht) solo il legislatore stesso può abolire questa obbligazione all'ubbidienza attraverso una dichiarazione diretta oppure indiretta.106 Conseguenza seconda è che il sanzionamento della coscienza cade per il diritto positivo in quanto si pone contro l'ordine naturale morale e giuridico. Vale sotto queste circostanze chiaramente il principio oboedire oportet Deo magis quam hominibus107 Possiamo pensare a gravi conflitti di coscienza per giudici, magistrati, funzionari, genitori etc.108

Conseguenza terza concerne la validità del diritto naturale nei casi di manchevolezza ossia difettosità del diritto positivo. Così entra il diritto naturale quale diritto equitatorio come diritto quale completamento (epikeia109 ossia equità) del diritto legiferato. Equità significa dunque la validità immediata di princípi giuridici del diritto naturale a causa di severità di leggi (contro l'intenzione originale del legislatore) oppure di lacune di leggi. Non si tratta di un principio che indebolisce i princípi della giustizia o perfino contrasta con essi, anzi si tratta di un principio di giustizia nel senso proprio, cioè del più alto principio di ogni ordine di giustizia: significa, che il "diritto sopra-legiferato" (übergesetzliches Recht) ha validità dove il "diritto legiferato" (gesetzliches Recht) diventa ingiusto oppure mostra lacune. Questa forza vincolante integrante (ergänzend) del diritto sopra-legiferato porta con se chiare conseguenze per la legislazione, la giurisprudenza e l'amministrazione e anche per il comportamento del singolo uomo.

L'esempio dal diritto privato è conosciuto, che qualcuno in pericolo di morte per inanizione possiede la facoltà di appropriarsi del necessario. Non meno importante è il diritto equitatorio per l'ambito del diritto pubblico per esempio nel caso di uno stato d'emergenza, in cui un governo della collettività democratica è autorizzato di trascendere le facoltà della costituzione in quanto necessario per l'assicurazione di fini comuni essenziali, però sotto l'obbligo di rispondere il più presto possibile al legislatore. E anche uomini singoli stanno sotto l'obbligo della norma più alta di giustizia, dell'equità, in quanto l'uso di diritti, che gli spettano in forza del diritto positivo o naturale, porterebbe altri senza dubbio in una situazione personale d'emergenza, sia gravemente psichica sia gravemente esterna, per esempio nel caso d'una affermazione di un debito dovuto significando una durezza grave per il debitore.

Conseguenza quarta della delegazione giusnaturalista del legislatore risiede nel suo vincolo al principio del bene comune come più alto principio per tutte le sue misure. Tutto il diritto secondo la sua natura è in relazione del bene comune, e dunque il principio del bene comune è il più alto valore del diritto naturale per il legislatore. Ma anche questo principio generale è condizionato dalla situazione nella sua applicazione. Ecco perché vale: da un lato il legislatore non ha bisogno di superare e dall'altro non deve superare che cosa rendono possibili i presupposti per una realizzazione del bene comune. Un comportamento moralmente condannabile, che non tocca il bene comune, non è affatto competenza del suo intervento. Poi non è obbligato di opprimere tutto che è moralmente rovesciato anche se si effettua socialmente dannoso, perché una società può essere in una situazione in cui leggi troppo severe creano più danno che utilità. La chiamata dell'utilità comune può infatti fare necessaria la tolleranza di abusi (Mißstände). Una causa specifica per una tale tolleranza può consistere nel fatto che le autorità non possiedono i mezzi per l'eliminazione piena di certe sconvenienze oppure il rispetto della libertà di coscienza in quanto tale uso della libertà non compromette l'ordine pubblico esterno. Ecco perché il legislatore non è obbligato di prendere a bordo tutte le pretese del diritto naturale. Esempi di una tale considerazione da parte del legislatore secondo Messner potrebbero essere questioni come la prostituzione, l'usura, la tolleranza di confessioni erronee di religione oppure la vendita di profilassi.110 Per Messner è un fatto di esperienza che per il successo di una legislazione con prospettive più alte è necessario come presupposto l'incremento delle forze morali di un popolo.

Finalmente Messner ci ricorda che nello stato democratico gruppi sociali e partecipi alla legislazione possono contribuire alla legalizzazione di ingiustizia in quanto in opposizione alle pretese della giustizia approfittano le loro possibilità di influenza sul meccanismo della legislazione per imporre interessi del gruppo attraverso un potere economico o politico. Questo è il pericolo sempre attuale della democrazia liberale che la legalità copri sempre di più la legittimità, cioè che certi gruppi dal punto di vista giuridico-formale si possono riferire ad una legalità del loro comportamento, però giusnaturalisticamente diventano colpevoli davanti ai princípi della giustizia, i quali sono l'essenza fondamentale della legittimità e fondano l'obbligo giuridico più alto per il legislatore e per tutti gruppi partecipi al meccanismo della legislazione.

II.5.8 La giustizia

Seguendo il significato della parola, giustizia vuol dire un equilibrare di pretesa e prestazione. Conseguentemente la parola viene usata in un doppio senso. Parliamo in generale di pretese della giustizia, in primo piano sta il pensiero dell'ordine oggettivo della giustizia, in cui sono fondate pretese della giustizia in forza del diritto naturale oppure del diritto legiferato. Parliamo anche su obblighi della giustizia, presso cui il pensiero della virtù soggettiva della giustizia è determinante quale disponibilità di adempiere obblighi giuridici. Tutte e due lati del concetto sono connessi insolubilmente, e perciò nel secondo lato deve essere chiaro, che ci sono pretese del diritto oggettivamente fondate.

Messner definisce dunque: "Giustizia è la condotta consolidata (habitus) della volontà, di adempiere le pretese giuridiche di ognuno, oppure più corto, la volontà di dare a ognuno il suo. La giustizia dunque è la virtù determinata dal più alto e immediatamente evidente principio giuridico del suum cuique. Il rispettivo suum consiste in una pretesa giuridica fondata nel diritto oggettivo, alla quale il corrispondere è obbligo della giustizia per ognuno come condotta virtuosa attraverso un fare o un lasciare. Da ciò segue: La giustizia si fonda sul diritto, non il diritto sulla giustizia."111

La giustizia non si può fondare perciò scientificamente né sulla pura coscienza giuridica né su un puro sentire giuridico oppure su un puro senso giuridico, neanche su un'esperienza di utilità oppure sul sentire di valori (Wertfühlen). Tutti questi tentativi rimangono a piedi a metà strada. Certamente Messner riconosce naturalmente il significato notevole della coscienza giuridica come predisposizione razionale (Vernunftanlage) e potere sentimentale per molti riguardi, però ricorda anche che coscienza giuridica, sentire giuridico e sensibilità per valori da soli non bastano a causa della possibilità dell'errore soggettivo. Piuttosto c'è bisogno di criteri oggettivi per la conoscenza scientifica della verità giuridica e della verità di valori. Come primo criterio oggettivo può essere valida la coscienza sociale del diritto (l'ethos), in cui si esprimono molto bene la coscienza giuridica naturale ragionevole e unitamente le pretese della cosa (Sacherfordernisse) determinanti in una comunità di diritto e condizionate dalla natura umana e dalla natura esterna. Ma anche questo criterio non è sufficiente a causa della prova di errori gravi da parte della scienza giuridica comparativa. Resta come sufficiente criterio oggettivo e universalmente valido soltanto la natura dell'uomo stessa con le relazioni predesignate all'ambiente umano e all'ambiente specialmente condizionato dalla storia. Questo criterio può essere nominato anche quello della natura della cosa. In questo criterio sia la coscienza soggettiva sia la coscienza oggettiva trovano il loro spazio, tutte e due sotto il controllo dei metri preconcetti (vorgegeben) nella natura umana stessa. L'analisi di Messner - come abbiamo già visto - ha mostrato i fini esistenziali (existentielle Zwecke) come questo metro e così come criterio concreto di diritto e della giustizia.

Il carattere della virtù della giustizia si trova nel riferimento a certi diritti, dunque ogni obbligazione della giustizia porta in sé una misura. La misura di una tale obbligazione può essere di carattere doppio: 1. la giustizia stretta (streng), se qualcuno ha una pretesa giuridica fissa (per esempio nel caso di un commerciante); 2. la giustizia proporzionale, se si tratta di una pretesa referita al bene comune (per esempio nel caso di pretese di gruppi sociali alla parte dovuta del benessere economico della comunità relativa al loro contributo nella cooperazione sociale, oppure nel caso della divisione di oneri da parte del legislatore).

L'obbligo del primo modo (giustizia stretta) resta pieno fino al suo adempimento. C'è l'obbligo di restituzione in quanto l'obbligazione giuridica non è sodisfatta in pieno. Nel caso della giustizia proporzionale non c'è quest'obbligo di restituzione perché l'obbligazione non concerne un debito fisso e definito, ma la partecipazione proporzionale di tutti i membri al bene comune. E quest'ultimo è un processo continuo con tanti fattori e significa l'impegno di giustizia di una continua realizzazione nuova del bene comune.

Messner distingue ulteriormente tra la giustizia del bene comune (Gemeinwohlgerechtigkeit) e la giustizia individuale (Einzelgerechtigkeit).

1. Oggetto della giustizia del bene comune è il bene comune delle differenti comunità, cioè il suum di una tale comunità a cui si deve corrispondere attraverso prestazioni dei suoi membri. Ecco la divisione di questa giustizia a seconda delle comunità: la giustizia legale il cui oggetto è il bene comune della società integrale, cioè dello stato, in quanto è condizionato dal diritto legiferato; la giustizia sociale, il cui oggetto è il bene comune della società (a differenza dello stato) nei suoi gruppi e classi cooperanti nella economia sociale, in quanto è condiazionato dalla distribuzione del prodotto sociale; la giustizia internazionale, il cui oggetto è il bene comune di tutti i popoli, in quanto è condizionato dal comportamento reciproco delle nazioni.

2. La giustizia individuale (singolare - Einzelgerechtigkeit) si distingue così: la giustizia distributiva, il cui oggetto è il bene individuale come parte del bene comune, cioè la pretesa della persona singola o di gruppi alla collettività per una giusta ripartizione degli oneri, aiuti e favori; la giustizia commutativa (sostituendo, equilibrando), il cui oggetto è una pretesa giuridica che fonda un certo suum, la quale è da soddisfare secondo la equivalenza. Un tale suum consiste nel diritto alla vita, alla libertà, all'onore etc., e perché questa giustizia concerne soprattutto le pretese nascendo dal rapporto di scambio economico dei cittadini, viene chiamata giustizia di scambio oppure commutativa.

La suddivisione di Messner serve soprattutto per la prassi, e nessuna suddivisione della giustizia può comprendere la piena realtà sociale in tutti i suoi rapporti. La proposta ha però anche il vantaggio di poter distinguere chiaramente tra la giustizia naturale, le cui obbligazioni si fondano immediatamente sul diritto naturale, e tra la giustizia legale, le cui obbligazioni si fondano direttamente sul diritto positivo.112

II.5.9 I diritti umani

Sin dall'età moderna aree sociali di libertà, che causano diritti, vengono chiamati semplicemente diritti umani. La parola mostra subito che si tratta ovviamente di diritti che sono proprio all'uomo in forza della sua natura, che si fondano su princípi giuridici, i quali sono fondati nella dignità di persona dell'uomo, nella sua responsabilità morale. Questi princípi giuridici appartengono al diritto naturale primario in quanto sono attribuiti alla responsabilità morale per l'adempimento di compiti della vita, responsabilità che si prova attraverso i fini esistenziali della sua natura. Come abbiamo già visto nella discussione sulla differenza tra princípi giuridici e norme giuridiche113, il modo concreto di validità di questi princípi giuridici è condizionato dalle situazioni socio-culturali, e dunque i modi di validità sono differenti a seconda del paese e appartengono cosi al diritto naturale secondario. Questa diversità è simile alle possibilità di organizzazione, che vengono scelte dai singoli popoli per una democrazia di libertà, in cui costituzioni i diritti umani ricevono spesso la loro forma di diritto legiferato. Sinteticamente Messner offre una raccolta di tali princípi del diritto naturale che concernono i cosiddetti diritti umani (1966):114

  1. La libertà di coscienza, il diritto di agire secondo la propria coscienza.

  2. La libertà dell'esercizio del culto, collegato strettamente colla libertà di coscienza.

  3. Il diritto alla sua propria vita, cioè il diritto dell'uomo alla sua vita come presupposto del adempimento dei suoi fini esistenziali.

  4. Il diritto al rispetto pieno della persona.

  5. Il diritto al matrimonio e alla famiglia.

  6. Il diritto all'educazione dei propri bambini.

  7. Il diritto al guadagnarsi il pane ("Unterhaltserwerb"), cioè all'assicurazione del mantenimento attraverso lavorare.

  8. Il diritto alla proprietà.

  9. Il diritto alla patria ("Heimat"), cioè il diritto della minoranza etnica al possesso indisturbato della indivisa area residenziale incluse le condizioni economiche e culturali per la vita e lo sviluppo del gruppo etnico.

  10. Il diritto all'asilo.

  11. Il diritto alla scelta libera della professione.

  12. Il diritto allo sviluppo della personalità.

  13. Il diritto alla libera manifestazione di opinione (libertà di espressione) attraverso la parola detta e scritta, specialmente nella stampa, scienza, letteratura e nell'arte.

  14. Il diritto alla libera associazione (libertà di associazione).

  15. Il diritto alla co-determinazione nell'ordine e nell'amministrazione della collettività ("Gemeinwesen").

La pretesa di assolutezza dei diritti umani e la loro inviolabilità basandone si vede nel miglior modo nella libertà della coscienza. Essa è inviolabile. Nel suo uso - in quanto non trascende il fine giuridico delimitato all'individuo - non può essere nessuna restrizione. Però ogni uso che viola la libertà di coscienza di altri è contrario al diritto naturale. In forza della stessa natura razionale morale e dello stesso diritto di coscienza di tutti gli uomini il diritto originario della libertà di coscienza è piuttosto collegato con l'obbligo di rispetto della libertà di coscienza di altri, dunque collegato con l'obbligo alla tolleranza. Per la stessa causa, che l'uso di ogni diritto è collegato con obbligazioni sociali, non c'è un diritto assoluto alla tolleranza. Procurare la validità delle obbligazioni sociali è chiara competenza del potere ordinativo statale: per buon motivo anche i sistemi giuridici liberali impongono dei limiti all'uso dei diritti di libertà, per esempio per evitare un tentativo di assassinio su base di una convinzione di coscienza, per evitare un rivolgimento di stato attraverso l'abuso della libertà di espressione oppure per evitare la diffusione di letteratura dannosa per i giovani.

II.5.10 Conseguenze dalla storicità, dalla multidimensionalità
e dalla densità di socializzazione per la dottrina
di diritto naturale

Visto l'uomo per natura quale essere sociale con forme fondamentali di socializzazione, la storia testimonia che la struttura e le funzioni di tali forme fondamentali non sono sempre le stesse, e inoltre si sviluppano nuove forme che si possono dimostrare come forme fondamentali nel senso che sono pretese dalla natura umana stessa e indispensabili per il bene comune politico, economico e culturale. Pensiamo in primo luogo alla famiglia quale unità sociale che condiziona tutta la consistenza e tutta la cultura dell'umanità. Poi pensiamo alla tribù e al popolo come ordini e comunità di vita che imprimono l'uomo singolo fisicamente e psichicamente. Poi vediamo la società intera (Gesamtgesellschaft), lo stato, che comprende le piccole unità sociali, e anche l'intera società religiosa, la Chiesa, che si rivolge a tutti gli uomini. Poi dobbiamo subito menzionare tutto il mondo delle unioni che si fonda sul diritto alla libera associazione dentro lo stato moderno oppure dentro la Chiesa. E poi Messner menziona la socializzazione internazionale comprendendo l'intera umanità, che si svolge su una base doppia, essere assieme di stati e cooperazione internazionale di libere associazioni di singoli stati.

Vedere e rispettare la storicità e la dipendenza di sviluppo delle forme di socializzazione, sia delle forme date per natura sia delle forme liberamente create, è uno dei assiomi principali della dottrina giusnaturalista.115 Conseguenza prima: che ordini storicamente condizionati non devono essere letti dentro l'ordine di diritto naturale universalmente valido. Si deve strettamente distinguere tra i princípi ordinativi che sono predesignati della natura stessa dell'uomo come universalmente validi e tra una forma d'ordine storicamente condizionato. Troppo spesso una certa forma di stato ha ricevuto una "sanzione giusnaturalista" da parte della dottrina di stato giusnaturalista. Conseguenza seconda: con lo sviluppo di nuove forme di socializzazione nasce il compito della dottrina di diritto naturale, di sviluppare dai princípi generali del diritto naturale gli imperativi concreti di giustizia che risultano per le nuove forme strettamente secondo la natura della cosa, dunque in rispetto della dignità personale dell'uomo e del fine di funzione della nuova creazione sociale. Tali imperativi di giustizia formano diritto naturale in statu nascendi.

La multidimensionalità che caratterizza la grande società industriale moderna consiste nell'essere integrato dell'uomo singolo in una pluralità di ordini sociali e organizzazioni che gli autorizzano e obbligano. Vedendo la consistenza delle forze formanti nel processo di socializzazione d'oggi radicandosi in Weltanschauung, ideologia, interesse e mentalità di massa, l'etica giusnaturalista deve indicare specialmente due obblighi concreti di diritto naturale dell'uomo singolo i quali risalgono propriamente da questo processo di socializzazione. Tutte e due obblighi non esistevano così nella società premoderna perché l'unitaria concezione cristiana della vita e l'ordine di vita istituzionalmente preformato chiamavano l'uomo singolo nel suo rispettivo obbligo, trasmettevono convinzioni di concezione del mondo e impostavano comportamenti morali.

L'obbligo primo consiste nel fatto, che nella società ideologicamente divisa la questione "Che cos'è verità?" richiede dall'uomo d'oggi una decisione sempre nuova riguardo alle convinzioni fondamentali di Weltanschauung e di norme morali di comportamento. Pertanto deve anche provvedere alla conoscenza dei presupposti e delle cause della sua decisione. Esso infatti lo deve, perché la sua coscienza gli insegna su giustizia e ingiustizia, su bene e male e anche sul fatto che con ciò le questioni del senso di vita e dell'ordine di vita sono strettamente collegati, in quanto la maggioranza degli uomini diventano attenti su questo legame a causa di consistenze spirituali tradizionali e della conoscenza venuta dall'ambiente ideologico. Questo primo obbligo consiste perciò non soltanto nella rispettiva decisione personale seria, ma anche nel procurarsi delle informazioni sufficienti su tutte le questioni, tutti i punti di vista e fatti al riguardo. Un fatto di questi è anche la sua coscienza quale "fonte di rivelazione metafisica" (Spranger) sulle realtà trascendenti il presente sensoriale.

L'obbligo secondo dell'uomo singolo nella società pluralistica consiste in ciò che si deve sentire ed essere a conoscenza per il funzionamento delle forme di socializzazione, con cui sta in contatto direttamente oppure indirettamente. Perché gran parte delle organizzazioni della società odierna sono dirette nel loro funzionamento da fini di valore, che tante volte devono essere corrisposti da tutti i loro membri. Oggi nessuno è soltanto una persona privata dal punto di vista etico, ognuno ha obbligazioni che si mostrano evidentemente concernenti l'ordine della vita pubblica a causa dei suoi diritti, cioè dei suoi diritti di libertà della partecipazione alle forme singoli di socializzazione nonché dei suoi diritti come membro dell'ordine democratico di libertà della società statale intera.

Questi diritti e obblighi trovati risultavano dallo sviluppo della socializzazione moderna come diritto naturale in statu nascendi (werdendes Naturrecht). Ciascuno di questi obblighi è uno del diritto naturale nel senso proprio, perché tocca gli ordini vitali della società, direttamente nel caso secondo, indirettamente nel caso primo (perché l'uomo singolo al riguardo ha bisogno della cognizione chiara della sua responsabilità di coscienza per adempiere le obbligazioni nell'ambito sociale).



II.6 Conclusione

Abbiamo cercato di seguire la via sistematica di Messner e speriamo di aver presentato il fondamento della sua teoria del diritto naturale in un modo comprensibile.

L'oggetto della scienza del diritto naturale dunque è l'ordine della società come quintessenza di diritti e di obblighi nei rapporti interpersonali. Primo, abbiamo visto l'esposizione di Messner sulla natura dell'essere umano. Messner stesso sottolinea subito che la sua dottrina dell'uomo e i conseguenti princípi etici non vengono dedotti da alcuni concetti, ma vogliono essere evinti da un'analisi della realtà e dell'esperienza. Tanti capitoli del suo Naturrecht116 sono dedicati a questo scopo. Prima di provare questo metodo e i suoi risultati, Messner si dichiara figlio della tradizione di un umanesimo cristiano.

Poi viene una parte importante sulla legge naturale. L'analisi della natura umana da parte di Messner mostra che l'essere pieno-reale dell'uomo non si fonda su un'automaticità degli istinti, ma sull'efficacia della ragione senza la quale non esiste né comportamento specificamente umano né il bene specificamente umano. Secondo Messner questa ragione umana è anche capace di comprendere il modo giusto d'effettuarsi degli impulsi, che sottostanno all'autodeterminazione umana, perché la ragione può anche riconoscere i fini insiti negli stessi impulsi della natura umana. Risulta decisivo questo concetto: all'uomo non serve soltanto l'esperienza esterna, ma anche quella interna, e poi serve soprattutto la capacità e la costrizione di riflettere queste esperienze, di pensarle e di giudicarle. Questa facoltà di comprendere la sua natura propria concernendo i fini insiti sia negli impulsi corporali sia negli impulsi spirituali è soltanto possibile ad un essere spiritualmente dotato. Messner dichiara di usare la parola Trieb (inclinazione / impulso / istinto) sia per gli impulsi spirituali sia per gli impulsi corporali. Siamo arrivati così al criterio di moralità, ai cosiddetti fini "esistenziali". Il comportamento che si pretende dall'uomo attraverso la realtà piena della sua natura si determina secondo i fini preindicati negli impulsi spirituali e corporali della sua natura, detto brevemente, si determina secondo la "giustezza dei fini" (Zweckrichtigkeit). E poiché questi preindicati fini degli impulsi vanno sempre realizzati in autodeterminazione (libertà) nelle date circostanze, e perché gli stessi fini condizionano così la caratteristica dell'esistenza umana, Messner li chiama fini esistenziali (existentielle Zwecke)117, il che sarà un concetto fondamentale per la sua etica.

Proseguendo viene il capitolo sulla definizione e sul contenuto della legge naturale. "Nel campo umano non occorre cambiare il più generale concetto della legge naturale: essa è il modo d'effettuarsi insito nella natura razionale dell'uomo per causare il comportamento in conformità alla stessa natura."118 Messner, commentando il fatto fondamentale dell'eudaimonia, darà anche un'ulteriore definizione: "La legge morale naturale è la legge della sua natura spingendo al suo auto-adempimento essenziale attraverso il suo impulso di fortuna come impulso fondamentale."119 Il risultato è che la legge naturale umana è il modo d'effettuarsi della natura dell'uomo secondo le pretese della sua realtà piena, cioè ciò che deve significare per lui realizzazione essenziale della vita e così realizzazione della felicità.120 Inizialmente abbiamo approfondito questa tematica con l'esposizione della legge naturale come natura, descrivendo l'impulso fondamentale della natura umana, poi il fatto fondamentale del dovere e poi il fatto fondamentale dell'eudaimonia. Segue il punto sulla legge naturale come legge e poi l'importante punto sul modo d'effettuarsi della legge naturale. Ci siamo occupati anche dell'essenza universale ed individuale della legge naturale nonché della non-diversità e diversità nella legge naturale. Poi seguono punti sull'unità e sulla multiformità nella legge naturale, sull'immutabilità e sulla variabilità nella legge naturale e alla fine un punto sulla legge naturale in rapporto alla legge morale cristiana.

Il passo seguente è riferito alla natura della società e alla tematica del bene comune. Abbiamo trattato della natura sociale dell'uomo, del fondamento d'essere della società, nonché del suo fine e del suo compito (-> il bene comune). Subito segue il capitolo importante sull'origine e sull'essenza del diritto. Abbiamo visto soprattutto l'essenza morale e l'essenza peculiare del diritto. Così siamo finalmente arrivati alla definizione e al contenuto del concetto "diritto naturale" secondo Messner e ai capitoli sulla realtà e sulla conoscenza del diritto naturale, sulle differenze in rapporto alla dottrina tradizionale e sulla fondazione del diritto naturale in Messner. Ho considerato anche i modi d'effettuarsi del diritto naturale quale diritto naturale primario (evidente - elementare) oppure secondario (applicato) e dunque i principi giuridici primari, secondari e terziari, che devono essere distinti chiaramente dalle vere norme giuridiche. Seguono capitoli importanti sul diritto naturale nel diritto positivo, sulla giustizia e sui diritti umani.

Dopo la seconda guerra mondiale, in molti libri dedicati al diritto naturale compariva la domanda sull'origine e sul fondamento della conoscenza fondamentale dell'uomo sul bene e sul male, sul diritto e sul torto. Sfidata dallo sviluppo delle scienze naturali, la dottrina della conoscenza ha cominciato in linea di principio ad occuparsi approfonditamente delle questioni sulla conoscenza di verità e sulla certezza delle conoscenze. Come teoria della scienza ha esposto anche pretese non tralasciabili verso le scienze umane. Si è dimostrato che vi sarebbero nove differenti concetti di "natura" nelle dottrine del diritto naturale (cf. E. Wolf). L'utilità del concetto metafisico di natura umana era inoltre messa in dubbio dal fatto che il riferimento a questo concetto (-> legge eterna) non portava più il riconoscimento universale del diritto naturale in seguito alla diminuzione della fede in Dio.

Abbiamo indicato in questa tesi la via d'uscita che offre Messner.121 La dottrina del diritto naturale non può rinunciare ad un concetto della natura umana, però, non si dovrebbe cominciare la riflessione con un concetto prefissato. Ci si dovrebbe orientare al modo d'effettuarsi della natura umana in quanto quel modo sia accessibile all'esperienza generale. In questa esperienza generale troviamo, primo, che l'uomo tende verso l'autorealizzazione come tutti gli esseri. Dalla sua esperienza sa che la sua autorealizzazione esige tanto la soddisfazione dei suoi bisogni fondamentali fisici e psichici quanto lo sviluppo delle sue predisposizioni (Anlagen). Troviamo, secondo, che l'uomo è dipendente dalla comunità familiare per la piena realizzazione delle sue predisposizioni e delle sue particolarità. Fino alla fase di poter autoconservarsi e autosvilupparsi, l'uomo è dipendente dagli altri molto più lungo rispetto ai primati più altamente sviluppati (cf. A. Portmann). L'esperienza ci dice, terzo, che nella comunità familiare si forma un modello di comportamento attraverso il tendere di tutti i suoi membri verso l'autorealizzazione. Tutti riconoscono che sono legati a questo modello di comportamento perché soltanto così diventa possibile l'esistenza pieno-umana per tutti. Qui dobbiamo menzionare la stima reciproca, la benevolenza, l'amore, la prontezza a soccorrere, la veridicità, la giustizia (suum cuique), l'ubbidienza ai genitori e il tenere la parola.

Vediamo tre ulteriori fatti di esperienza:

1. Nella formazione di questo modello di comportamento sono codeterminanti soprattutto l'amore cosciente tra genitori e bambini e la riflessione ragionevole per cui i rapporti vitali nella famiglia umana si distinguono chiaramente dai rapporti vitali nella "famiglia degli animali".

2. Nell'ambito dell'esperienza diretta rientra anche che il bene della famiglia, il bene comune è presupposto indispensabile per l'autorealizzazione dell'uomo. L'uomo da solo non è capace di raggiungere la soddisfazione dei suoi bisogni fisici e psichici, ha bisogno dell'aiuto della comunità familiare. Questo aiuto viene organizzato attraverso un ordine esterno che vincola tutti, attraverso il provvedere ai bisogni della vita quotidiana. Coopera qui l'interesse di ogni membro della famiglia per un essere pieno-umano. Nessun membro vuol essere trattato come un cane o come uno schiavo.

3. L'uomo in fase di crescita diventa cosciente che evita una serie di comportamenti non soltanto perché essi contrastano con il modello di vita abituale. L'uomo sente il giudizio della coscienza come divieto o comando. Indotto dalla comprensione che anche gli altri tendono verso l'autorealizzazione come lui stesso, l'uomo riconosce che il modello di comportamento formato nella famiglia è anche il presupposto per un'esistenza soddisfacente di ognuno nella società più grande. Ecco perché il noto rappresentante americano della sociologia politica, R. M. MacIver, può dire che la famiglia diventa una piccola illustrazione della vita politica per il bambino.

L'obiezione, che proprio in queste summenzionate sei esperienze di fatto fosse già incluso (almeno implicitamente) un concetto prefissato della natura umana, non è vera. L'analisi della tensione verso l'autorealizzazione dell'uomo dà certo la possibilità di riconoscere induttivamente alcuni aspetti fondamentali della natura umana e la possibilità di trarre conclusioni in riferimento alla natura dell'uomo, perché la natura di ogni cosa si rivela attraverso il suo modo d'effettuarsi. Messner, però, non parte da un concetto prefisso della natura dell'uomo quale fondamento di una conoscenza deduttiva del diritto naturale, ma parte da ciò che appare chiaro all'uomo dalla sua esperienza diretta.

Attraverso l'esperienza l'uomo impara regole di comportamento tra le quali si trovano quelle pretese dalla giustizia, pretese infatti dal modello di comportamento della comunità familiare. Alla ragione che riflette, queste regole si presentano come evidenti nella loro necessaria validità universale per il pieno-umano essere, cioè non si dimostrano soltanto valide per l'autorealizzazione di tutti nella comunità familiare ma altrettanto per l'esistenza pieno-umana di tutti nella società più grande. Questi princípi rappresentano giudizi "sintetici" a priori perché sono condizionati dall'esperienza e sono poi direttamente evidenti come presupposto dell'esistere umanamente degno per tutti.122

Possiamo dire che il diritto naturale rappresenta un patrimonio di diritti che spettano all'uomo in forza della sua natura; e diritto naturale significa anche la dottrina del diritto naturale come scienza. I diritti naturali consistono nelle competenze proprie nell'agire e non-agire del singolo uomo e delle unità sociali come della comunità familiare, dello stato e della comunità dei popoli. Come competenze proprie sono diritti soggettivi; il nome "diritto naturale" indica però la sua fondazione nella natura dell'uomo e così nella volontà del creatore, per cui si tratta di diritto oggettivo, cioè non lasciato all'arbitrarietà dell'uomo o della società. La causa di obbligo (Verpflichtungsgrund) del diritto naturale risiede nella legge morale naturale a cui appartiene il diritto naturale quale parte concernente la vita sociale (mitmenschliches Leben). Il contenuto elementare (fondamentale) di questa legge e la sua essenza obbligatoria ("dovresti" - ein Sollen) vengono rivelati (kundgetan) all'uomo attraverso ragione e coscienza.

L'ambito di esperienza del diritto naturale è, innanzitutto, l'esperienza interna, consistente nella coscienza di verità direttamente riconoscibili in base alle quali gli uomini sono dotati di certi diritti inalienabili dal loro creatore. Si aggiunge l'esperienza esterna, il cui oggetto è formato dai costumi giuridici e dalle istituzioni giuridiche dei popoli nonché le loro differenze, incluse le deviazioni (dal diritto naturale - Naturrechtswidrigkeiten) che devono essere spiegate (per esempio il cannibalismo e l'abbandono di bambini). Tali differenze, secondo le quali la coscienza direbbe differenti cose a differenti popoli, dimostrano che la dottrina del diritto naturale non si può limitare al sentimento giuridico, al senso della giustizia e alla ragione giuridica come elementi fondamentali, perché tutti questi valori sono suscettibili di errore. Anzi è compito principale della dottrina del diritto naturale di rintracciare il fondamento d'essere e simultaneamente il criterio (la causa di determinazione - Bestimmungsgrund) del diritto e dei diritti.

Il fondamento d'essere (Seinsgrund) del diritto naturale forma la natura stessa dell'uomo con la dipendenza del suo sviluppo verso il pieno-umano essere dal collegamento sociale e dal regolamento di questo collegamento secondo le pretese della dignità umana. In questa dignità umana, che si fonda sul fatto che l'uomo è dotato di ragione e coscienza, si trova la fondazione ontologica del diritto naturale. La dignità umana è anche il criterio universale del diritto e delle pretese di giustizia nel senso dell'esigenza dell'uomo di realizzare i bisogni fondamentali psichici e fisici. La fondazione metafisica risiede nella volontà del creatore della natura umana e nella legge morale naturale che viene preindicato dal creatore alla ragione. Perciò l'uomo partecipa alla "legge eterna" (= alla sapienza di Dio ordinando tutto - cf. S. Tommaso). Il diritto naturale ha l'essenza del diritto nel senso proprio perché è causa di competenze e di pretese giuridiche. Questo avviene in misura tale che le leggi dello stato in contraddizione al diritto naturale non possono raggiungere una forza giuridica obbligatoria nella coscienza restando così soltanto istituzioni forzate (cf. lo stato totalitario).

Messner credeva che la sua esposizione sulla realtà e sulla conoscenza del diritto naturale fosse una via nuova, probabilmente per qualcuno anche sorprendente. Certo, Messner si riferiva ripetutamente ai grandi esponenti della dottrina giusnaturalistica tradizionale, però, sottolineando spesso che in S. Agostino, in S. Tommaso e nella scolastica fossero rimaste aperte questioni essenziali. L'analisi di Messner (nell'ambito della teoria scientifica) trascende in alcune direzioni le prese di posizione precedenti, anche quella di S. Tommaso. Innanzitutto, i princípi elementari essenziali e normativi per il comportamento umano non vengono visti come giudizi "analitici" a priori123 che risulterebbero dalla conoscenza di concetti (per esempio genitori - ubbidienza). Inoltre, l'esperienza, che forma il presupposto indispensabile per ogni conoscenza, riceve la sua collocazione anche nella comprensione dei princípi elementari etici e giuridici. E, inoltre, l'ordine dell'essere viene visto da Messner nella sua piena efficacia perché l'origine del modello di comportamento è ricondotto al modo d'effettuarsi della natura umana nel tendere di ogni membro della famiglia verso l'autorealizzazione. E finalmente, con il concetto di autorealizzazione è aperta una visuale che mantiene in primo piano il tendere direttamente apprensibile (erfahrbar) dell'uomo e che anche al non-credente dà una possibilità di comprendere il pensiero del diritto naturale partendo dall'uomo (senza che sia necessario negare l'idea del creatore della natura umana).

Seguono nei prossimi capitoli alcuni esempi essenziali per l'applicazione della dottrina giusnaturalistica di Messner. Abbiamo già visto brevemente l'esempio del corporativismo nel capitolo I e l'importanza della comunità familiare per la fondazione del diritto naturale in questo capitolo II.



1 Cf. IDEM (NR 1966/84) 23 s. Anche se si comincia con la società, il presupposto necessario è che venga sempre considerata l'intera esperienza possibile nell'ambito di entrambi i due poli. Cf. anche A. F. UTZ, Johannes Messners Konzeption der Sozialphilosophie. Die Definition der Sozialnatur und der Gesellschaft, in: A. KLOSE/H. SCHAMBECK/R. WEILER (edit.), Das Neue Naturrecht, Berlin 1985, 21-62.

2 MESSNER (NR 1966/84) 24: "Die menschliche Natur läßt es nicht zu." Per chi cerca una ricerca approfondita su questo fatto, Messner gli raccomanda la sua opera SF 7/1964.

3 Cf. ibid., 25 - 27; 25: "Die verschiedenen Systeme der Lehre vom Menschen werden heute als Formen eines Humanismus vertreten (...) I. Der christliche Humanismus". Secondo Messner i diversi sistemi della dottrina sull'uomo si presentano oggi come forme di umanesimo. Poi Messner critica i diversi umanesimi, cf. ibid., 27 - 33.

4 Ibid., 33: "Die Natur der Dinge erkennen wir aus ihren Wirkweisen."

5 Cf. ibid.

6 Ibid., 34.

7 Ibid.: "... haben keinen Grund, die Wirksamkeit derselben nicht als die Wirksamkeit des Naturgesetzes im Menschen zu betrachten ..."

8 Cf. R. M. PIZZORNI, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso d'Aquino, Roma 3/2000 (= Collana "Civis" 16); cf. IDEM, Diritto - Morale - Religione. Il fondamento etico-religioso del diritto secondo San Tommaso D'Aquino, Milano - Roma 3/2001 (= Urbaniana University Press. Manuali, n. 9).

9 Cf. per esempio il capitolo II.5.3 di questa tesi.

10 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 36. Vedi anche IDEM, Kulturethik, Innsbruck - Wien - München ²1954 (3/2001). Cf. anche W. WALDSTEIN, Teoria generale del diritto. Dall'antichità ad oggi, Roma 2001, 224 s., che offre anche traduzioni di alcuni passi di MESSNER (cf. NR 1966/84, 35 s.) al riguardo: "In effetti tutti i sistemi dell'etica concordano sul fatto che il sapere relativo a bene e male, la coscienza del dovere e della responsabilità, (e il fenomeno del)la coscienza come tale, sono realtà dell'esperienza morale (...) Riprendere la linea di sviluppo della dottrina tradizionale del diritto naturale ha già a prima vista l'immenso vantaggio che essa si basa sulla ricerca ininterrotta del pensiero umano attraverso un periodo di più di duemila anni e in particolare anche su un pensiero autocritico come non lo è nessun altro sistema etico. Questo vantaggio appare particolarmente significativo in un periodo di 'crisi dell'etica', visto che la maggior parte della filosofia contemporanea non conosce una vera risposta, anzi non di rado lascia intedere di non poterne dare alcuna, alle domande fondamentali dell'esistenza umana contenute nelle famose parole di Kant: 'Cosa possiamo sapere, cosa dobbiamo fare, cosa dobiamo sperare?', e alla domanda, nela quale, egli dice, le summenzionate convergono: 'cos'è l'uomo?'. A parte tutto ciò, l'interesse riapparso nonché la critica del pensiero giuridico attuale, riproposta contro l'idea del diritto naturale, ci costringono ad un ulteriore controllo delle posizioni determinanti della dottrina del diritto naturale così come esse vennero formulate e sviluppate nella loro grande tradizione (...) La realtà basilare dell'esperienza morale da cui deriva ogni etica è il sapere dell'uomo relativo al bene e al male. Se usa appieno la sua ragione, l'uomo sa che è male uccidere la madre o il fratello per entrare in possesso dei loro beni e che perciò non lo può fare. L'imperativo generale collegato con ciò alla coscienza umana: 'evita il male, fa il bene', l'uomo non lo trova sotto condizione ma come richiesta incondizionata".

11 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 38.

12 S. Th. 1. II. q. 94. a. 2 - tutti i passi di S. Tommaso sono stati controllati per mezzo del CORPUS THOMISTICUM, Subsidia studii ab Enrique Alarcón collecta et edita, Pamplona - Navarra 2001, in internet:

http://www.unav.es/filosofia/alarcon/amicis/ctcorpus.html - cf. MESSNER (NR 1966/84) 40, annot. 8; cf. P. INHOFFEN, Neigungen unter dem Gesetz der Vernunft bei Thomas und Kant. Versuch eines Vergleichs, in: IDEM, Vom Ethos zur Ethik. Beiträge zu Moraltheologie und Sozialethik, Graz 1999 (= Grazer Theologische Studien, vol. 22), 35-55.

13 MESSNER (NR 1966/84) 41: "Die Sittlichkeit besteht in der Übereinstimmung des Verhaltens des Menschen mit den in seiner Natur, ihren körperlichen und geistigen Trieben vorgezeichneten Zwecken, oder kurz, in der 'Triebrichtigkeit'."

14 Cf. ibid., 42.

15 Cf. ibid., 44 ss.

16 Cf. IDEM, Kulturethik, Innsbruck - Wien - München ²1954 (3/2001), 156 s.

17 Cf. il capitolo II.2.2.1 di questa tesi.

18 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 51.

19 Ibid., 52: "Vielmehr ermöglicht unser Kriterium, wie gezeigt, die Unterscheidung des Gebotenen, Erlaubten und Vollkommeneren, mit anderen Worten, des Ranges von Grundwerten und Wertidealen, der Forderungen der Pflicht und jener des Edlen, der Forderungen des Rechts und dessen, was mehr ist als das Recht, Unterscheidungen, zu denen andere ethische Systeme überhaupt keinen Zugang haben oder nur einen vermittels des Rückgriffs auf außerphilosophische Begründungsweisen."

20 Cf. ibid., 48 - 49 e 52 -55.

21 Ibid., 55: "Der allgemeinste Begriff des Naturgesetzes braucht im menschlichen Bereich kein anderer zu sein: Es ist die der Vernunftnatur des Menschen innewohnende Wirkweise zur Herbeiführung des ihr gemäßen Verhaltens."

22 Ibid., 58: "Es ist das Wertstreben des Menschen, verbunden mit dem Wissen um die verpflichtende Geltung von Grundwerten."

23 Ibid., 85: "Das sittliche Naturgesetz ist das Gesetz seiner in ihrem Glückstrieb als Grundtrieb zu ihrer wesenhaften Selbsterfüllung drängenden Natur."

24 Ibid., 57: "Viel zu sehr wurde und wird noch immer der Mensch, wenn von ihm philosophisch gesprochen wird, als in sich fertiges Einzelwesen gedacht oder, wenn er als Gesellschaftswesen verstanden wird, in seiner Beziehung zum Staate gesehen, so wie ihn die Antike (und unter ihrem Einfluß teilweise auch das Mittelalter) gesehen hat. Viel ursprünglicher und zu allererst ist der Mensch Familienwesen".

25 Ibid.: "Die sittlichen Prinzipien bzw. Werte werden von Anfang an nicht abstrakt und formal erfaßt, sondern nur in konkreter, gegenständlicher, inhaltlicher Bestimmtheit."

26 Ibid., 58: "Das Naturgesetz besteht nicht in einem unveränderlich für alle Zeiten gleichen Moralkodex, vielmehr in den das vollmenschliche Sein bedingenden und den Menschen verpflichtenden Grundwerten oder Grundprinzipien, die nur in ihrem allgemeinen Gehalt unveränderlich und nur insoweit absolute Geltung besitzen, als sie dem unveränderlichen und selbst einen absoluten Wert darstellenden Grundwesen der Personnatur des Menschen entsprechen."

27 Cf. ibid., 70: Qui Messner fa anche l'esempio di una domanda concreta e moderna: "Warum sollte diese oder jene Handlung sittlich schlecht sein, obwohl sei doch so viel Lebenserfüllung mit sich brächte? Würde z. B. nicht einfache mechanische Geburtenkontrolle in vielen Fällen den Familienmitgliedern ein volleres Leben ermöglichen?" (Traduzione italiana: "Perché dovrebbe essere cattivo questo o quello comportamento, sebbene lo portasse così tanta realizzazione della vita? Non renderebbe per esempio in molti casi un semplice meccanico controllo delle nascite possibile una vita più piena per i membri di una famiglia?") Per la risposta cf. ibid., 87, e in questa tesi i capitoli II.2.4.3, III.2.7 e V.2.

28 Ibid., 72: "Da der 'gute Wille' oder die rechte sittliche Gesinnung demnach in der Übereinstimmung der subjektiven mit den objektiven Zwecken besteht, sind beide in ihrer gegenseitigen Beziehung gleicherweise konstitutiv für die Sittlichkeit des menschlichen Verhaltens. Nur die Ethik, die so gleicherweise an dem Bestimmtsein der guten Handlung durch den subjektiv guten Willen wie durch die objektiven Prinzipien der Zweckrichtigkeit im dargelegten Sinn der Sachrichtigkeit, namentlich auch hinsichtlich der Folgen der Handlung, festhält, ist als Verantwortungsethik zu bezeichnen".

29 Ibid., 74 s.: "... weil nur ein eindeutiger Begriff der Menschenwürde die Voraussetzung für die Anerkennung der in der fraglichen Verantwortung wurzelnden einzelmenschlichen und gesellschaftlichen natürlichen Rechte sowie der ihre Achtung gebietenden einzelmenschlichen und gesellschaftlichen Pflichten bietet." Sulla "responsabilità" come concetto congiuntivo tra l'etica e la filosofia del diritto vedi questa in questa tesi i capitoli II.4.1 e II.4.2.2.

30 Ibid., 75: " 'Du sollst nicht stehlen' bedeutet nämlich: 'Du sollst in deinem Verhalten zu fremdem Eigentum die durch deine Natur geforderte Ordnung einhalten.' "

31 Cf. F. D'AGOSTINO, Il diritto naturale e la fallacia naturalistica, in: IDEM, Filosofia del diritto. Seconda edizione ampliata, Torino ²1996 (= Recta Ratio. Testi e Studi di Filosofia del Diritto collana diretta da Francesco D'Agostino e Francesco Viola. Seconda serie - 2), 75 - 87; cf. W. WALDSTEIN, Teoria generale del diritto. Dall'antichità ad oggi, Roma 2001, 21 - 27.

32 MESSNER (NR 1966/84) 82: "Das Naturrichtige und Naturgeforderte wird von uns in die Menschennatur nicht von Sollsätzen aus hineingelegt, sondern geht auf die Beobachtung der Wirkweise der Menschennatur in ihrer Grundsituation der Familie zurück: Das Sittliche ist das Verhalten, kraft dessen die Menschennatur zur Vollwirklichkeit wahrhaften Menschseins gelangt." Il lungo commentario di Messner concernente diverse vie della fondazione dell'etica si può leggere ibid., 75 - 82.

33 Ibid., 83: "Nicht einmal die Ewigkeit einer begrenzten Glückseligkeit würde den Menschen befriedigen. Sie würde ihn nicht hinausheben über eine mehr oder weniger angenehme Ewigkeit der Langeweile."

34 Ibid., 85: "Das sittliche Naturgesetz ist das Gesetz seiner in ihrem Glückstrieb als Grundtrieb zu ihrer wesenhaften Selbsterfüllung drängenden Natur."

35 Ibid., 86: "Aus unserer Grundlegung der Ethik dürfte eindeutig zu ersehen sein, daß die Seins- und Glückserfüllung Folgewirkung der Sittlichkeit, nicht ihr Wesensgrund ist."

36 Cf. anche il capitolo IV.3 di questa tesi.

37 MESSNER (NR 1966/84) 96: "Die Promulgierung, die für die Gültigkeit eines jeden Gesetzes notwendig ist (der durch das Gesetz Verpflichtete muß das Gesetz kennen, um verpflichtet sein zu können), findet für das Naturgesetz durch die menschliche Natur selbst statt. Der Mensch wird davon unterrichtet durch sein natürliches Gewissen und die damit verbundene Einsicht in die Natur als Mensch."

38 Cf. R. M. PIZZORNI, Diritto - Morale - Religione. Il fondamento etico-religioso del diritto secondo San Tommaso D'Aquino, Milano - Roma 3/2001, 183 ss., e IDEM, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso d'Aquino, Roma 3/2000, 533 ss.

39 MESSNER (NR 1966/84) 97: "So kommen wir zum Ergebnis, daß das sittliche Naturgesetz eine Notwendigkeit einschließt, an die die Bestimmung des Menschen unausweichlicher gebunden ist, als irgendein Ereignis in der materiellen Welt von physischen Gesetzen abhängt."

40 Cf. ibid., 99.

41 Cf. R. M. PIZZORNI, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso d'Aquino, Roma 3/2000, 518: "Tutto questo insieme di norme, che regolano la coscienza ed è custodito dallo spirito umano e più propriamente dall'intelletto pratico, costituisce la sinderesi, 'habitus continens praecepta legis naturalis', e comprende i precetti universalissimi e le loro conclusioni immediate, cioè quei precetti assolutamente necessari al bene morale sia indidivduale, sia familiare, sia sociale, come i dieci comandamenti." Cf. S. TOMMASO, S. Th. 1. II. q. 94 a. 1 ad 2: "Synderesis dicitur lex intellectus nostri, inquantum est habitus continens praecepta legis naturalis, quae sunt prima principia operum humanorum".

42 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 101; descrive i princípi dell'apriori morale come giudizi sintetici a priori ancora più profondamente nella sua opera Kulturethik, Innsbruck - Wien - München ²1954 (3/2001), 237 - 263.

43 Cf. IDEM (NR 1966/84) 108 e anche 102 - 104.

44 Cf. anche W. WALDSTEIN, Teoria generale del diritto. Dall'antichità ad oggi, Roma 2001, 225, che offre una traduzione del passo di MESSNER (cf. NR 1966/84, 108): "L'affermazione dell'essenza universale della legge naturale appartiene alla natura ragionevole dell'uomo e per questo motivo nessun uomo è cieco dal punto di vista della morale. Ciò significa che per un uomo con una ragione pienamente sviluppata un'ignoranza insuperabile circa i princípi generali della legge naturale morale è impossibile. Una cecità parziale però non è da escludere".

45 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 109.

46 Cf. anche il capitolo III.3.7 di questa tesi.

47 Cf. anche il capitolo III.3.2 di questa tesi.

48 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 115; nell'annot. 1 Messner ricorda per esempio l'enciclica di PIO XI, Quadragesimo anno (= QA), nn. 31 - 43, secondo cui la Chiesa non ha nessuna autorità nell'ambito della tecnica oppure nel puro ambito dei mezzi concreti nella vita economica, ma certamente in tutte le domande che toccano la legge morale.

49 MESSNER (NR 1966/84) 119: "Mit der Kulturentwicklung entstehen neue Forderungen des Naturgesetzes, ist daher das Naturgesetz selbst in seiner Wirksamkeit veränderlich."

50 Cf. ibid., 150, ma anche presso IDEM, Kulturethik, Innsbruck - Wien - München ²1954 (3/2001), capitoli 69 - 72.

51 Cf. IDEM (NR 1966/84) 189 - qui Messner raccomanda anche la sua opera Das Gemeinwohl, Osnabrück 1962. Cf. anche IDEM, Zur Ontologie des Gemeinwohls, in: Salzburger Jahrbuch für Philosophie. [Festschrift für Albert Auer OSB.] Vol. V/VI (1961/62) 365 - 393.

52 IDEM (NR 1966/84) 189 s.: "Vielmehr besteht das Gemeinwohl in der durch die gesellschaftliche Verbundenheit zu erzielenden Ermöglichung der eigenverantwortlichen und eigenkräftigen Erfüllung der den Gesellschaftsgliedern in den existentiellen Zwecken vorgezeichneten Lebensaufgaben."

53 Cf. ibid., 223.

54 Ibid., 224: "Das Recht hat daher seinen Ursprung in den existentiellen Zwecken des Menschen."

55 Ibid., 224 s.: "Die Zwecke, die in der menschlichen Natur vorgezeichnet sind, begründen Verantwortlichkeiten für Einzelmenschen und Gemeinschaften und damit Ansprüche auf die ungehinderte Erfüllung dieser Verantwortlichkeiten sowie auf den Schutz dieser Ansprüche, wenn notwendig, durch Gewalt."

56 Ibid., 227: "Das Recht ist die Ordnung der gesellschaftlichen Beziehungen im Einklang mit den existentiellen menschlichen Zwecken."

57 Ibid.: "Es gibt kein unbedingtes Recht eines Einzelmenschen oder einer Gemeinschaft."

58 Ibid., 233: "Das unmittelbare sittlich-rechtliche Bewußtsein des Menschen selbst unterrichtet ihn über die Grundforderungen der Ordnung der gesellschaftlichen Beziehungen durch das sittliche Naturgesetz, die natürliche Gewissenseinsicht in die allgemeinsten sittlich-rechtlichen Prinzipien." Cf. la traduzione di W. WALDSTEIN, Teoria generale del diritto. Dall'antichità ad oggi, Roma 2001, 224: "La coscienza immediata etico-giuridica dell'uomo stesso gli insegna i fondamenti dell'ordinamento die rapporti sociali attraverso la legge naturale morale. L'intelligenza naturale della propria coscienza invece gli insegna i principi generali morali. La coscienza naturale non è soltanto una coscienza di doveri e valori, ma nel senso stretto di coscienza del diritto". Cf. anche W. WALDSTEIN, Vom sittlichen Wesen des Rechts, in: A. KLOSE/H. SCHAMBECK/R. WEILER (edit.), Das Neue Naturrecht, Berlin 1985, 101-123.

59 Ibid.: "Die obersten Rechtsprinzipien sind somit der Teil des Naturgesetzes, der sich auf die gesellschaftliche Ordnung bezieht."

60 Cf. ibid., 234 - Messner si riferisce anche a S. TOMMASO, S. Th. 1. II. q. 96 a. 2: "Lex autem humana ponitur multitudini hominum, in qua maior pars est hominum non perfectorum virtute. Et ideo lege humana non prohibentur omnia vitia, a quibus virtuosi abstinent".

61 De Officiis, I. c. 7; cit. secondo MESSNER (NR 1966/84) 235 -> cf. anche S. TOMMASO, S. Th. 2. II. qu. 58 a. 2; per S. Tommaso cf. soprattutto R. M. PIZZORNI, Diritto - Morale - Religione. Il fondamento etico-religioso del diritto secondo San Tommaso D'Aquino, Milano - Roma 3/2001, 43 ss.

62 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 238 s. - si riferisce a S. TOMMASO (S. Th. 1. II. qu. 95 e qu. 96 a. 5) e a Hegel (Grundlinien der Philosophie des Rechts. Oder Naturrecht und Staatswissenschaft im Grundrisse, Berlin 1821, § 94).

63 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 312.

64 Ibid., 304: "Das Naturrecht ist die Ordnung der in der menschlichen Natur mit ihren Eigenverantwortlichkeiten begründeten einzelmenschlichen und gesellschaftlichen Eigenzuständigkeiten."

65 Cf. IDEM, art. "Naturrecht", in: KLOSE A./MANTL W./ZSIFKOVITS V. (edit.), Katholisches Soziallexikon, Innsbruck - Wien - München ²1980, 1898.

66 Cf. IDEM (NR 1966/84) 315.

67 Ibid., 317: "Naturrecht ist Existenzordnung, Grundordnung des Existierens des Menschen als Mensch, im wahrsten und vollsten Sinn von 'Existieren', die Ordnung, deren Forderungen ihm mit diesem Existieren in ihrem bestimmten Inhalt bewußt werden gemäß dem Prinzip, daß alle Erkenntnis durch die Erfahrung bedingt ist, auch die der Prinzipien der Rechtsvernunft als Teil der praktischen Vernunft. So erfaßt, werden diese Forderungen von der voll entfalteten Vernunft in ihrer allgemeinen in sich gewissen Wahrheit und in ihrer allgemeinen verpflichtenden Geltung eingesehen." Cf. anche IDEM, Naturrecht ist Existenzordnung, in: Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie [Berlin], vol. XLIII, 2 (1957) 198: "Naturrecht ist Existenzordnung, Grundordnung des Existierens des Menschen als Mensch im wahrsten und vollsten Sinn von 'Existieren', die Ordnung, deren Forderungen ihm mit diesem Existieren in ihrem bestimmten Inhalt bewußt werden gemäß dem Prinzip, daß alle Erkenntnis durch Erfahrung bedingt ist". Cf. F. D'AGOSTINO, Filosofia del diritto, Torino ²1996, 58; cf. IDEM, Elementi per una riflessione sul diritto naturale, in: AA. VV., Ordine morale e ordine giuridico. Rapporto e distinzione tra diritto e morale. Atti del X° congresso nazionale dei teologi moralisti. Roma, 24 - 27 aprile 1984, Bologna 1985 (= Collana "ETICA TEOLOGICA OGGI" diretta da Luigi Lorenzetti, n. 4), 57.

68 Cf. J. MESSNER, art. "Naturrecht", in: Katholisches Soziallexikon, Innsbruck - Wien - München ²1980, 1896 ss.

69 Vedi in internet:

http://www.vatican.va/holy_father/john_xxiii/encyclicals/documents/hf_j-xxiii_enc_11041963_pacem_it.html

70 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 321 s.

71 Cf. IDEM, art. "Naturrecht", in: Katholisches Soziallexikon, Innsbruck - Wien - München ²1980, 1898 s.

72 Cf. ibid., 1899 s.

73 Cf. IDEM (NR 1966/84) 326.

74 Cit. secondo ibid., 326, annot. 11 -> S. AGOSTINO, De lib. arb., lib. I. cap. VI. 15.

75 Cf. J. SAUTER, Die philosophischen Grundlagen des Naturrechts, Wien 1932, 61 ss.

76 S. AGOSTINO, De div. quest., 31: "Justitia est habitus animi, communi utilitate conservata, suam cuique tribuens dignitatem. Eius initium est ab natura profectum: deinde quaedam in consuetudinem ex utilitatis ratione venerunt" (cit. secondo MESSNER [NR 1966/84] 327, annot. 14).

77 Cf. S. AGOSTINO, De civitate Dei, L. 19. c. 12 e 17.

78 Cf. M. WITTMANN, Die Ethik des hl. Thomas von Aquin. In Ihrem systematischen Aufbau dargestellt nd in ihren geschichtlichen, besonders in den antiken Quellen erforscht, Frankfurt/Main 1963.

79 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 328.

80 Cf. per esempio S. Th. 1. II. q. 71 a. 6 ad 4; q. 91 a. 3; q. 92 a. 1 e q. 94 a. 2 ad 2.

81 In 4. Sent. d. 33, q. 1, a. 1.

82 S. Th. 1. II. q. 94 a. 2.

83 S. Th. I. q. 19 a. 10.

84 Cf. Philosophisches Jahrbuch der Goerres-Gesellschaft, vol. 12 (1899) e 13 (1900).

85 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 330.

86 Ibid., 333: "Die Lehre vom Naturgesetz ist keineswegs nur als einleitend und vorbereitend für die Naturrechtslehre zu denken, sondern ist wesentlicher Bestandteil derselben: Nicht nur ist das Naturrecht allein mit dem Naturgesetz als Verpflichtungsordnung zu erweisen, es ist auch nur vermittels des Naturgesetzes, der arteigenen Wirkweise der menschlichen Natur, als die Existenzordnung zu erweisen, zu der der Mensch sich im Streben nach dem vollmenschlichen Sein gedrängt sieht und mit den sich ändernden geschichtlich-kulturellen Verhältnissen immer aufs neue gedrängt sehen wird."

87 Cf. Grundzüge der Rechtsphilosophie, Berlin 1950.

88 Cf. H. MITTEIS, Über das Naturrecht, Berlin 1948.

89 Cf. Einführung in die Rechtsphilosophie für Unterricht und Praxis, Berlin 1954.

90 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 341 s.

91 Cf. Einheit oder Vielheit des Naturrechts? In: Österreichische Zeitschrift für öffentliches Recht [Wien], a. V, 3 (1953) 260 ss.

92 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 345 ss.

93 Cf. la migliore traduzione di questo passo importante in G. AMBROSETTI, Johannes Messner: Vitam impendere vero, in: Doctor Communis 29 (1976) 350 s.: "La via da noi ultimamente percorsa, indica il diritto naturale come ordine esistenziale umano ricavato per via induttivo-ontologica dalla natura dell'uomo, precisamente come quello di una realtà propria della famiglia. Il nostro conetto fondamentale è che la natura dell'uomo con le inclinazioni che le sono proprie lo spinge alla vita secondo l'ordine del diritto naturale e con ciò al riconoscimento dei princípi giuridici propri di questo ordine. Le singole tappe del nostro procedimento sono le seguenti: l'uomo è per sua natura un essere familiare, la sua natura e la legge naturale di questa si realizzano nella comunità familiare con l'amore e con la stima reciproca dei suoi membri attraverso 'ordine che garantisce l'esistenza pienamente umana. Da ciò procede in azione reciproca di conoscenza e inclinazione lo svolgimento di una capacità propria della sua natura ragionevole alla comprensione dei princípi elementari del diritto. Questi vengono dapprima vissuti, sono perciò stabiliti fin dall'inizio nel loro contenuto e vengono poi riconosciuti nel loro generale contenuto di verità e nella loro incondizionata validità, quindi nella loro natura rispettivamente di diritti e di doveri. Ciò racchiude il vivere e il comprendere i princípi che valgono come tali sia per il rapporto fra gli uomini che per il bene della comunità".

94 Cf. Ibid., 359 - 397.

95 Ibid., 360: "... gibt es absolutes elementares Naturrecht auch ohne die Voraussetzung des Gottesglaubens."

96 Cf. ibid., 362: "Als angewandtes Naturrecht bezeichnet man die Forderungen der Gerechtigkeit, die sich aus den allgemeinen Prinzipien in Verbindung mit der Einsicht in die unter den jeweiligen Umständen zu erkennende Natur der Sache ergeben." Per la discussione sul diritto naturale applicato e tutta questa tematica dei princípi guridici vedi anche A. PYTLIK, Darstellung einer thomistisch inspirierten Theorie des "primären" und "sekundären" Naturrechts als gleichzeitige Untersuchung ihrer Anhaltspunkte beim hl. Thomas selbst. Triplex est gradus praeceptorum moralium. (Vgl. Sum. Theol. I-II, q. 100, a. 11), in: W. WALDSTEIN, Seminario "Ius naturale", Rom 1998, soltanto in internet: http://www.pytlik.at/natur.htm

97 Vedi anche il libro di Messner sul funzionario: Der Funktionär, Innsbruck - Wien - München 1961; cf. IDEM, The Executive - His Key Position in Contemporary Society, St. Louis (USA) - London 1965; cf. IDEM, El Funcionario en la Sociedad Pluralista, Madrid 1962.

98 IDEM (NR 1966/84) 365.

99 Cf. J. MARITAIN, The Rights of Man and the Natural Law, San Francisco 1986.

100 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 370, specialmente l'annot. 15.

101 Ibid., 399 ss.

102 Cf. J. AUSTIN, The Province of Jurisprudence Determined, London 1832.

103 F. POLLOCK, A First Book of Jurisprudence, London 1929, 29.

104 S. TOMMASO, S. Th. 1. II. q. 90 a. 4.

105 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 402; cf. H. KELSEN, Reine Rechtslehre, Wien ²1960, 224, e Allgemeine Staatslehre, Berlin 1925, 104.

106 Un esempio indiretto sarebbe una legge puramente penale la cui trasgressione non è collegata con colpa morale nel sentire giuridico del popolo e la cui pena a causa di questo fatto consiste in una multa ecessivamente grave, fatto questo, che possiamo vedere nel caso di disposizioni doganali. Altra possibilità sarebbe una consuetudine per una grande o piccola parte della comunità che viene tollerata da parte del legislatore. Casi diretti vediamo nei privilegi oppure nelle dispense. Cf. MESSNER (NR 1966/84) 403.

107 Liber Actuum Apostolorum 5,29.

108 Messner pensa all'applicazione di leggi per la sterilizzazione e sul divorzio, ma anche a scuole o organizzazioni, dove ci sono influssi negativi sui bambini nel senso morale e religioso e contro la convinzione dei genitori. Per tutta la tematica del diritto naturale in riferimento al giudice vedi MESSNER (NR 1966/84) 407 - 416, e sull'obbligo e il diritto a una resistenza vedi ibid., 796 ss.

109 Cf. ARISTOTELE, Etica Nicomachea, V. 14.

110 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 405 s. - per evitare ogni fraintendimento circa la fedeltà di Messner alla dottrina della Chiesa sulla base del diritto naturale vedi il capitolo V.2 di questa tesi e anche la conclusione in IDEM, Was der Papst nicht gesagt hat: Das Schicksal der Welt von morgen und der Streit um die Geburtenkontrolle, in: Die Presse (17/18 agosto 1968) 5: "Angesichts dessen, was der Papst in seiner Enzyklika 'Humanae vitae' nicht sagt, was aber bei der Überlegung dessen, was er sagt, ins Blickfeld kommt, wird vielleicht in einer nicht zu fernen Periode der Geschichte die Enzyklika mit ihrer Warnung vor einem voreiligen Schritt in der Unterbindung menschlichen Lebens als das für die Menschheit an der Schwelle zum 21. Jahrhunderts wichtigste Dokument bezeichnet werden." (Traduzione italiana: "Riguardo a quello che il papa non dice nella sua enciclica 'Humanae vitae', che però viene in vista nella riflessione di quello che lui dice, l'enciclica verrà probabilmente dichiarato quale documento più importante per l'umanità alla soglia del ventunesimo secolo con il suo ammonimento contro un passo affrettato nell'impedimento di vita umana.") Cf. anche M. L. GOGELLI, Eine grosse Gestalt der Soziallehre: Johannes Messner (zum 100. Geburtstag), in: Schweizerisches Katholisches Sonntagsblatt, a. 106, n. 9 (3 marzo 1991) 14.

111 MESSNER (NR 1966/84) 421: "Gerechtigkeit ist die gefestigte Haltung (habitus) des Willens, die Rechtsansprüche eines jeden zu erfüllen, oder kürzer, der Wille, jedem das Seinige zu geben. Die Gerechtigkeit ist demnach die vom obersten unmittelbar einsichtigen Rechtsprinzip des suum cuique bestimmte Tugend. Das jeweilige suum besteht in einem im objektiven Recht begründeten Rechtsanspruch, dem im Tun oder Lassen zu entsprechen ist. Daraus folgt: Die Gerechtigkeit gründet sich auf das Recht, nicht das Recht auf die Gerechtigkeit."

112 Tutti i dettagli della descrizione e suddivisione di Messner vedi nel NR 1966/84, 428 - 433.

113 Cf. il capitolo II.5.6.2 di questa tesi.

114 Cf. MESSNER (NR 1966/84) 436 - 442; cf. per la tematica anche G. HÖVER, Zur Begründung der Menschenrechte in der Naturrechtsethik von Johannes Messner, in: Erfahrungsbezogene Ethik. Festschrift für Johannes Messner zum 90. Geburtstag, Berlin 1981, 209-230.

115 Cf. tutta questa tematica fondamentale e introduttiva per l'applicazione del diritto naturale in MESSNER (NR 1966/84) 529 - 546.

116 Cf. MESSNER (NR 1966/84).

117 Cf. ibid., 42.

118 Ibid., 55: "Der allgemeinste Begriff des Naturgesetzes braucht im menschlichen Bereich kein anderer zu sein: Es ist die der Vernunftnatur des Menschen innewohnende Wirkweise zur Herbeiführung des ihr gemäßen Verhaltens."

119 Ibid., 85: "Das sittliche Naturgesetz ist das Gesetz seiner in ihrem Glückstrieb als Grundtrieb zu ihrer wesenhaften Selbsterfüllung drängenden Natur."

120 Cf. IDEM, Die Erfahrung in der Naturrechtslehre von Taparelli, in: Miscellanea Taparelli, Roma 1964 (= Pontificia Universitas Gregoriana. Series Facultatis Philosophicae. Analecta Gregoriana, vol. 133), 299 - 324; cf. IDEM, Naturrecht im Disput, in: Österr. Zeitschrift für öffentliches Recht, a. XXI (1971) 12: "... unbedingt das vor Mitte des 19. Jh. schon weit über Thomas hinausgehende große Werk von L. Taparelli erwähnen müssen ... argumentiert Taparelli von der Glückserfüllung des Menschen, der Seinserfüllung der menschlichen Natur aus. Wird die menschliche Natur darauf befragt, erweist sie sich selbstverständlich als offen für das, was auf Grund der Entwicklung der wissenschaftlichen Erkenntnis aller Art und ihrer Verwendung im Dienste des Menschen möglich oder notwendig wird."

121 Cf. IDEM, art. "Naturrecht", in: Katholisches Soziallexikon, Innsbruck - Wien - München ²1980, 1893 - 1896.

122 Cf. il capitolo II.2.6.1 di questa tesi.

123 Cf. ibid.


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